lunedì 26 ottobre 2009

Città italiane, più tartarughe che lepri.

Brusca battuta d’arresto nelle politiche per la sostenibilità urbana.
Lo dicono i dati della XVI edizione di Ecosistema Urbano, il Rapporto annuale di Legambiente, Sole 24 Ore e Ambiente Italia


Verbania vince la classifica della qualità ambientale davanti a Belluno e Parma . Male il Sud, malissimo la Sicilia: Catania è la maglia nera

E’ un’Italia più tartaruga che lepre quella delle città italiane, dove si registra una battuta d’arresto nelle politiche ambientali urbane e una scarsa agilità nello sfruttare le opportunità, anche economiche, offerte da una più attenta e lungimirante gestione dei rifiuti, della mobilità, dell’energia. E’ scarsamente attrattivo il trasporto pubblico (gli abitanti dei capoluoghi, in media, fanno solo un viaggio e mezzo a settimana su autobus, tram e metropolitane), le isole pedonali sono praticamente immutate da un anno all’altro (0,35 mq per abitante), le zone a traffico limitato si sono rimpicciolite (da 2,38 mq per abitante dello scorso anno ai 2,08 attuali), la congestione da quattroruote è identica (circa 64 auto ogni 100 abitanti), mentre sale solo dell’1% l’efficienza della depurazione (dall’88% all’89%), e il parametro migliore alla fine è quello della raccolta differenziata: un +2,79% che però lascia l’insieme delle città ferme al 27,19%, lontano, quindi, dal 50% che andrebbe assicurato entro il 2009.

In questo scenario statico spiccano le performance di Verbania, Belluno, Parma, Bolzano e Siena, che occupano i primi cinque posti della classifica, così come risaltano, stavolta in negativo, gli eco-risultati di Catania, Crotone, Agrigento, Frosinone Enna e Caltanissetta, adagiate sul fondo della graduatoria.


Questi in sintesi i risultati della XVI edizione di Ecosistema Urbano di Legambiente, rapporto annuale realizzato con la collaborazione scientifica di Ambiente Italia e il contributo editoriale de Il Sole 24 ore. Nelle ultime venti posizioni sono rappresentate ben otto regioni italiane, ma è la Sicilia la maglia nera: tutti e nove i capoluoghi di provincia sono, infatti, piazzati in fondo. Seguono Calabria e Lazio con tre città ognuna, poi con un capoluogo ciascuno Sardegna, Molise, Liguria, Lombardia e Campania con Napoli che si piazza 89ª (era 88ª lo scorso anno).



“Non investire nella sostenibilità urbana produce un doppio danno, sia locale che globale - ha sottolineato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente – nelle città infatti si concentrano le più alte percentuali delle emissioni inquinanti, dei consumi energetici e degli spostamenti: migliorando l’ecosistema urbano, quindi, si offre un ambiente migliore agli abitanti e, nello stesso tempo, si contribuisce alla riduzione dei gas climalteranti che stanno facendo salire la temperatura del pianeta. Proprio dai centri urbani, anzi, in vista del vertice di Copenaghen, potrebbe partire una sfida in tre settori determinanti: edilizia, mobilità e inversione dell’effetto “isola di calore”. Tre ambiti dove le pubbliche amministrazioni e le imprese devono promuovere innovazione, sostenibilità, riduzione dei consumi e delle emissioni con il coinvolgimento della ricerca, degli urbanisti e, non ultimo, della gente comune, che già esprime questi nuovi bisogni ma, come testimonia anche quest’anno Ecosistema Urbano, troppo di rado trova risposte adeguate sul territorio”.

“Le città sono in sofferenza – ha aggiunto Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane di Legambiente – alle prese con numerosi problemi ambientali e una manutenzione che malagestione o risorse economiche sempre più risicate a disposizione delle amministrazioni locali rendono via via più problematica e carente Eppure proprio i centri urbani, che sono tra i principali attori di un modello di sviluppo non sostenibile, sono i luoghi che possono governare direttamente il trasporto pubblico e la mobilità, che possono regolare coi loro piani il come, il dove e la qualità del costruire, che possono gestire al meglio le risorse energetiche, il ciclo dei rifiuti e quello dell’acqua, ridurre le emissioni di gas climalteranti e contrastare i cambiamenti climatici. Queste opportunità sono tutte nelle mani dei sindaci. Dovrebbero solo amministrare un po’ più da formiche e un po’ meno da cicale”.


Catania, ultima in graduatoria, riassume quello che succede (o che non succede) in coda alla classifica. Il capoluogo etneo butta al vento il 50% dell’acqua potabile immessa in rete, depura un terzo dei suoi scarichi fognari, raccoglie in maniera differenziata il 3% della spazzatura, ha un alto tasso di motorizzazione, un mediocre trasporto pubblico, pochissime isole pedonali e scarse zone a traffico limitato.

Si ringrazia la Coldiretti


L’Ufficio Stampa Legambiente (06.86268353-79-60-76)

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