venerdì 24 aprile 2009

25-26 aprile - Cernobyl day


23° anniversario dell’incidente di Cernobyl
“Scorie, costi e sicurezza problemi tuttora irrisolti”
Il Circolo Piazzambiente reitera la richiesta avanzata il 22 aprile del 2008 (prot. 7442e) al Consiglio Comunale affinchè il territorio di Piazza Armerina venga dichiarato "contrario alla produzione ed all'uso di energia nucleare"


Due esplosioni, una dietro l’altra, la notte del 26 aprile 1986 al reattore della quarta unità di Cernobyl. 11 miliardi di miliardi di Bequerel la radioattività rilasciata dalle esplosioni, un valore 30 miliardi di volte superiore alla dose massima utilizzata per terapie radiologiche di tumori, con 6 pompieri, 24 dipendenti e 31 liquidatori morti quasi subito per effetto delle radiazioni immediate e un numero difficilmente quantificabile di vittime per gli effetti a lungo termine di quelle assorbite. Dieci i giorni impiegati per spegnere gli incendi, 130 mila gli abitanti dei 76 villaggi evacuati nel raggio di 30 km dalla centrale. La centrale di Cernobyl ha cessato la sua attività il 15 dicembre del 2000, ma ancora oggi le conseguenze sono gravissime. Il fall-out radioattivo, infatti, ha interessato oltre 150mila chilometri quadrati di territorio tra Bielorussia, Ucraina e Russia, coinvolgendo più di 3 milioni di persone.

Sono alcuni numeri del più grande disastro nella storia del nucleare civile che Legambiente ricorda in occasione del ventitreesimo anniversario dell'incidente per non perdere la memoria e ribadire il suo NO ad un ritorno a produrre energia nucleare in Italia.

“A 23 anni dall’incidente di Cernobyl, il nucleare pone ancora gravi problemi di sicurezza - ha spiegato il responsabile scientifico di Legambiente Stefano Ciafani – non abbasserà affatto la bolletta energetica nazionale, non ridurrà la dipendenza italiana dall’estero e non ci permetterà di rispettare la scadenza europea del 2020 per la riduzione delle emissioni di gas serra prevista dall’accordo europeo 20-20-20. Se l’Italia decidesse di puntare, come intende fare il governo, sul nucleare, visto il costo ingentissimo dell’operazione, abbandonerebbe di fatto qualsiasi investimento alternativo sullo sviluppo di rinnovabili, tecnologie pulite ed efficienza energetica e rinuncerebbe alla costruzione di quel sistema imprenditoriale innovativo e diffuso in grado di competere sul mercato globale, che ad esempio in Germania occupa 250 mila lavoratori e su cui vuole puntare la nuova amministrazione USA”. Contro il piano del governo che prevede la costruzione delle prime nuove centrali entro il 2020, con l’obiettivo di produrre a regime il 25% dell’energia elettrica dal nucleare, Legambiente ha lanciato nell’ottobre scorso la campagna “Per il clima contro il nucleare” proponendo, tra le altre cose, alle amministrazioni locali di dichiarare il proprio territorio “sito denuclearizzato”, una raccolta firme “per un sistema energetico moderno, pulito, sicuro” e l’organizzazione di spettacoli, concerti e dibattiti sul tema.

“Perché non è del nucleare che l’Italia ha bisogno per rilanciare l’economia e risolvere la sua dipendenza dalle fossili - conclude Ciafani - ma di un mix di efficienza, risparmio energetico e fonti rinnovabili”.

“La situazione in Bielorussia è ancora oggi molto preoccupante – aggiunge Angelo Gentili, responsabile del Progetto Legambiente Solidarietà – mentre l’interesse della comunità internazionale viene meno ogni anno di più. Le popolazioni sono abbandonate a se stesse e non è sufficiente il lavoro di cooperazione che centinaia di associazioni e Ong, come la nostra, portano avanti da anni. Per questo continueremo nella nostra azione di solidarietà con azioni concrete ma anche iniziative che richiamino l’attenzione dell’opinione pubblica sul problema della sicurezza nucleare e sul dramma che stanno vivendo alcuni milioni di persone che vivono nelle zone contaminate di Bielorussia, Russia e Ucraina”.
Saranno decine le iniziative organizzate in tutto il Paese dall’associazione per l’anniversario del 26 aprile. Dibattiti, proiezioni di film, banchetti informativi nelle piazze, convegni e rassegne si aggiungeranno a centinaia di eventi simultanei annunciati per il 25 e 26 aprile con il Cernobyl Day, l’iniziativa internazionale coordinata a livello europeo da Sortir du Nucléaire (Francia), una federazione di 842 associazioni che si battono contro il “potere nucleare”.
Il nostro Circolo, esattamente un anno fa, aveva chiesto al Consiglio Comunale di dichiarare il territorio di Piazza denuclearizzato e reitera ancora oggi la richiesta.

Per conoscere le iniziative di Legambiente www.legambiente.eu, per quelle internazionali http://chernobyl-day.org


Ufficio stampa Legambiente (06.86268379-99-76)

Tutti i numeri di Cernobyl

2 esplosioni consequenziali la notte del 26 aprile 1986 al reattore della quarta unità di Cernobyl

11 miliardi di miliardi di Bequerel la radioattività rilasciata nelle esplosioni, 30 miliardi di volte superiore alla dose massima utilizzata per terapie radiologiche di tumori

10 giorni necessari per spegnere gli incendi

5.000 tonnellate di materiali vari(sabbia,boro, piombo, fosfati) versati sopra le macerie

dai 300mila a 800mila i liquidatori impiegati nel dopo incidente

50.000 gli abitanti della cittadina di Pripjat che vennero allontanati dalle loro case, dove non sono mai rientrati

130.000 gli abitanti dei 76 villaggi evacuati nel raggio di 30 km dalla centrale

6 i pompieri che intervennero subito per spegnere l’incendio e che morirono pochi giorni dopo per l’effetto delle radiazioni

24 i dipendenti morti tra il 26 aprile ed il 31 luglio per effetto delle radiazioni

31 i liquidatori morti poco tempo dopo per le dosi di radiazioni assorbite

4 i piloti di elicottero che morirono in volo sopra la centrale

1800 i casi di cancro alla tiroide censite dall’Aiea in bambini che all’epoca dell’incidente avevano un’età compresa tra i 0 e 14 anni

1,5 milioni di persone che vivono ancora oggi in aree con livelli di contaminazione superiori a 1 curie per chilometro quadrato

150 mila i chilometri quadrati di territorio ancora contaminato

1.000 mq è l’estensione delle crepe sul sarcofago che racchiude i resti del reattore esploso

180 le tonnellate di combustibile che si stima siano ancora all’interno del reattore


100 metri in altezza e 260 metri di lunghezza la dimensione della nuova struttura che andrà a ricoprire l’attuale sarcofago e che avrà un costo stimato di oltre un miliardo di dollari

giovedì 23 aprile 2009

G8 Ambiente, biodiversità

Servono impegni precisi e condivisi e più risorse per le aree protette italiane.
Bene la Carta di Siracusa purché non rimanga una carta.

“Accoppiare mutamento climatico e biodiversità, come fa questo G8 Ambiente, è un importante segnale della consapevolezza di come proprio la qualità della biodiversità presente in un territorio dia la misura dell’uso equilibrato delle risorse ambientali”. Da Siracusa, Maurizio Gubbiotti, responsabile dipartimento internazionale di Legambiente, interviene così in occasione dell’odierna sessione di lavori dedicata al tema della biodiversità.

“Tra il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità il nesso è strettissimo – prosegue Gubbiotti – e sono urgenti interventi mirati sul primo fronte per evitare drammatiche conseguenze sul secondo. La perdita di biodiversità è una minaccia seria anche per gli esseri umani. Rilanciare il Countdown 2010, la strategia dell’International Union for Conservation of Nature per frenare la perdita di biodiversità, è doveroso ma per scongiurarne il fallimento, occorre non ripetere gli errori – dice il rappresentante di Legambiente -. Ben venga quindi la Carta di Siracusa, sottoposto dal nostro governo all’approvazione del G8, purché non rimanga solo una carta. Servono impegni precisi e condivisi, concreti e misurabili. Gli sforzi fatti finora dalla comunità mondiale non sono stati sufficienti, come dimostra purtroppo il progredire della perdita di biodiversità. La diversità dei viventi e la loro distribuzione cambiano e si adattano continuamente; importante però che questi cambiamenti non si traducano in perdite irreparabili”.



Per Legambiente, a tutela della sopravvivenza delle specie, si devono sostenere e valorizzare le politiche di sistema, le reti ecologiche e il paesaggio, anche per combattere la desertificazione e il dissesto idrogeologico, finanziando adeguatamente le aree protette quali infrastrutture indispensabili alla conservazione della biodiversità. Le aree protette oggi garantiscono la tutela di acqua, aria, paesaggi, coste, beni culturali, mare, boschi e fauna d’Italia. E’ necessario che su questo fronte vengano incrementati gli investimenti, mentre in questi anni, al contrario, le risorse sono state decurtate sia in valori assoluti che relativamente all’estensione del territorio protetto. Si è passati così dai 62,5 milioni di euro per i 20 parchi nazionali del 2001 (53 euro per ettaro) agli attuali 53 milioni per 23 parchi (37 euro a ettaro protetto). E le previsioni della finanziaria per il 2009 parlano di circa 30 milioni di euro (22 euro per ettaro), mentre per il 2010 e 2011 si prevede una spesa di appena 19 milioni di euro (14 euro per ettaro). Tutto ciò senza considerare le pur auspicabili istituzioni di nuove aree protette.

Occorre coinvolgere le comunità locali e le popolazioni per far leva sull’inestimabile patrimonio di conoscenze, saperi e relazioni con l’ambiente naturale, essenziale per la tutela di habitat e specie. E’ necessario promuovere programmi pluriennali per incrementare i territori protetti e progetti speciali per la salvaguardia di specie a rischio di estinzione - un programma straordinario, ad esempio, per l’orso bruno marsicano - attraverso la mobilitazione di tutti gli attori interessati, istituzionali e non, impegnando risorse finanziarie adeguate e strategie condivise.

Il nostro è fra i Paesi più ricchi di biodiversità in Europa, con circa 57.000 specie animali (pari a un terzo di quelle europee) e 5.600 specie floristiche (il 50% di quelle europee).



I fattori che portano a una riduzione della biodiversità sono numerosi: i disastri ecologici, l’inquinamento industriale, la deforestazione, la desertificazione, i cambiamenti di uso del suolo, l’introduzione di specie aliene vegetali e animali, la distruzione dell’habitat. Una delle minacce più forti per l’equilibrio delle specie è il riscaldamento globale, che si ripercuote soprattutto sulle acque dei mari, causando, per esempio, la tropicalizzazione del Mediterraneo.

Un ulteriore allarme legato all’aumento globale delle temperature è quello della desertificazione del pianeta, con risvolti sociali anche pesanti. Nel Sud del mondo, la crescente sterilità del suolo provoca esodi di massa che possono sfociare in tensioni etniche. Non indifferenti anche i risvolti sanitari, con l’aumento di malattie ed epidemie. Anche in Italia, la desertificazione minaccia il 30% circa del territorio nazionale, soprattutto nel meridione e nelle isole, dove, soprattutto nella stagione calda, sono maggiori i rischi di incendi, la rete idrica subisce fenomeni di malfunzionamento, l’economia locale è più legata alla produttività del suolo.


L’ufficio stampa 06 86268399 - 79 - 76

A Siracusa: Sabina Galandrini 347 4166793

mercoledì 22 aprile 2009

G8 Ambiente: “I Paesi più poveri sono i primi a pagare l’emergenza climatica”

Ambiente, salute e lavoro diventino diritti prioritari

“E’ bastato invitare alcuni dei Paesi che pagano di più le conseguenze dei mutamenti climatici per mettere in evidenza che l’emergenza clima è un problema che non può più essere rimandato, e che non può essere nemmeno trattato solo dai Paesi industrializzati”. Così Maurizio Gubbiotti, responsabile dipartimento internazionale di Legambiente ha aperto il proprio intervento al G8 ambiente questa mattina a Siracusa, ribadendo alcuni punti anticipati ieri insieme alla coalizione IN MARCIA PER IL CLIMA in un documento indirizzato al ministro Prestigiacomo.

“Finalmente il G8 si apre ad accogliere le istanze dei Paesi in via di sviluppo che per la prima volta, in questa sede, mettono sul tavolo problematiche diverse da quelle dei Paesi industrializzati. Tra questi, il problema dei profughi ambientali, che riguarda già 150 milioni di persone che rischiano, entro il 2050, di dover abbandonare le proprie terre in seguito ai devastanti effetti del cambiamento climatico. Appare sempre più urgente, parlare di giustizia climatica ed aprire una nuova stagione in cui l’ambiente, la salute e il lavoro divengano diritti prioritari. Non basta attribuire il riconoscimento di uno status giuridico ai profughi ambientali, ma bisogna anche capire che molte questioni legate all’ospitalità e all’accoglienza nei nostri Paesi devono, in primo luogo, essere affrontate attraverso un serio impegno collettivo nella lotta ai cambiamenti climatici. Abbiamo poi ritenuto giusti i riferimenti dei Paesi più industrializzati, e quindi più responsabili, a farsi carico dell’aumento delle emissioni di CO2, ma questo è un problema che, tuttavia, non si può affrontare solo con tecnologie di riduzione quanto, invece, con un modello energetico basato su efficienza e sostenibilità, dal momento che le emissioni di CO2 dal 1990 al 2007 sono aumentate del 37%”.



L’ufficio stampa di Legambiente a Siracusa: Sabina Galandrini 347 4166793

lunedì 20 aprile 2009

IN MARCIA PER IL CLIMA

G8 Ambiente di Siracusa
22 - 24 aprile 2009


Noi, firmatari del presente documento, abbiamo dato vita alla coalizione IN MARCIA PER IL CLIMA, una larga alleanza tra tante organizzazioni diverse, e ci stiamo impegnando a portare avanti insieme un lavoro di approfondimento e di proposta. Con questo spirito propositivo vogliamo sottoporre all’attenzione del G8 – Ambiente, che si terrà a Siracusa dal 22 al 24 Aprile, alcune considerazioni e proposte perché si abbracci con forza e coraggio una politica attiva contro i cambiamenti climatici, per mitigarne, nel più breve tempo possibile, gli effetti. Come cittadini e associazioni mettiamo in campo iniziative e impegni nostri concreti in questa direzione.

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