sabato 31 ottobre 2009

Pronti a vincere di nuovo contro il nucleare

No Nuke Day a Montalto di Castro. Legambiente lancia la coalizione degli enti locali contro il ritorno all'atoma


“Pronti a vincere di nuovo contro il nucleare!” E’ questo lo slogan delle magliette e degli striscioni gialli del “No Nuke Day” con cui Legambiente ha rilanciato da Montalto di Castro le iniziative antinucleariste, rivendicando il successo delle grandi manifestazioni contro il nucleare degli anni ’70 e ’80, concluse con il partecipatissimo referendum che nel novembre del 1987 mise la parola fine all’avventura atomica italiana. Pannelli fotovoltaici, led per l’illuminazione, una piccola casa geotermica, una mostra sul disastro di Cernobyl, materiale informativo sulla certificazione e riqualificazione energetica, prodotti tipici, pane tostato spezie ed oli in degustazione, laboratori di educazione ambientale ed un dibattito tra cittadini ed istituzioni hanno animato Piazza Giacomo Matteotti, grazie alle adesioni di decine di comitati, associazioni, imprese ed alla collaborazione del Comune di Montalto di Castro.



“Così riparte la mobilitazione contro il nucleare, torniamo a Montalto con la stessa determinazione che ci ha fatto vincere tanti anni fa. La vera sfida che oggi abbiamo di fronte è affrontare il superamento della crisi climatica, intraprendendo le vere strade possibili, che sono il risparmio e l'efficienza energetica, la produzione da fonti rinnovabili e pulite, come sole e vento, ma invece si torna a proporre il nucleare -ha dichiarato Maurizio Gubbiotti, coordinatore della Segreteria Nazionale di Legambiente-. Con questa manifestazione prende il via una grande mobilitazione nazionale, che si avvia con il coinvolgimento di tutta la rete associativa e produttiva e anche delle istituzioni. Una mobilitazione che durerà nel tempo contro questa scelta di ritorno al nucleare, che non serve agli obiettivi del protocollo di Kyoto, che ci isola dalle scelte internazionali ed è contro gli interessi delle comunità e di questi territori. La Maremma, inoltre, ha già pagato un caro prezzo come polo energetico con le centrali di Civitavecchia e Montalto e il tentativo di costruzione della centrale nucleare. Ai costi elevatissimi, alla mancanza di sicurezza del nucleare, all'impossibilità di smaltimento delle scorie -ha concluso Gubbiotti- va aggiunto il rischio del terrorismo internazionale, visto che il plutonio per il funzionamento delle centrali è una fondamentale materia prima per chi intende costruire armi atomiche.”



Prima dell’apertura della giornata un gruppo di volontari del cigno verde ha aperto lo striscione “No Nuke” di fronte alla centrale di Montalto di Castro: “tenuta antinucleare” per l’occasione, con tute bianche e maschere antigas, un po’ come potrebbe succedere agli abitanti nei dintorni della centrale in caso di incidenti, anche piccoli, con rilascio di radioattività. Il sito fa parte di una lista ufficiosa, elaborata sulla base di uno studio di fattibilità, contenente le 10 città più idonee ad ospitare le future centrali nucleari italiane, sulla base dei criteri individuati, ossia la disponibilità di acqua per il raffreddamento dei reattori, la non sismicità dell’area e la capacità di trasporto della rete elettrica.



In piazza con Legambiente anche i Sindaci dei Comuni di Celleno, Canepina, Montalto di Castro e Nepi, tutti anti-atomo, e primi fondatori di una coalizione di Enti locali denuclearizzati lanciata per l’occasione dall’associazione ambientalista, che chiamerà a raccolta tutte le amministrazioni che vorranno aderire adottando una precisa delibera e posizionando all’ingresso del territorio comunale lo storico cartello che ne indica la scelta antinucleare. La contrarietà al ritorno all’atomo non viene solo dai Comuni: Legambiente ha infatti ricordato che l’appello lanciato con Greenpeace e WWF ha già visto tredici Regioni, a cui si è unita anche la Rete dei Piccoli Comuni, impugnare di fronte alla Corte Costituzionale la Legge Sviluppo, appellandosi al titolo V della Costituzione in materia di poteri del Governo in caso di materie concorrenti con gli Enti locali. In particolare, Legambiente ha evidenziato alcune delle motivazioni contenute nel ricorso della Regione Lazio: “va rilevato come l’impiego della delega legislativa in materia ‘concorrente’, quale quella dell’energia, anche quella nucleare, sia costituzionalmente insostenibile giacché se la legge di delega contiene i principi della futura disciplina, la normazione integrativa è affidata al decreto legislativo, cioè ad un atto del Governo e non della Regione”. Sarà, infatti, proprio questo decreto a determinare gli eventuali poteri sostitutivi del Governo nel caso di non accordo con gli Enti locali riguardo l’ubicazione di centrali, scorie, depositi di combustibile, con mezzi e poteri straordinari ed affidate a commissari.



“Trentadue anni dopo la prima manifestazione antinucleare del 20 marzo 1977 a Montalto di Castro, riprendiamo la battaglia contro il nucleare da dove è cominciata, per portarla fino in fondo se servirà –dichiara Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio-. Molti giovani di oggi non hanno preso parte alle iniziative antinucleariste di quegli anni, ma forse possiamo ricordare il disastroso incidente di Cernobyl, la nube radioattiva che si spostava a seconda dei venti per centinaia di chilometri, l’impossibilità di bere il latte e mangiare l’insalata, la mancanza di informazioni certe, la paura che avevamo. Bisogna perciò ricostruire con i più giovani questa memoria storica, rilanciare l’informazione, spiegare quali sono i pericoli ancora del tutto attuali del nucleare, a quali rischi si va incontro. Il nucleare non ha risolto i suoi problemi di sempre: diciamolo con chiarezza, non esistono garanzie per l’eliminazione del rischio di incidente nucleare e conseguente contaminazione radioattiva; rimane il problema della contaminazione ordinaria, dovuto al rilascio di piccole dosi di radioattività durante il normale funzionamento dell’impianto, a cui vengono esposti lavoratori e popolazione nelle vicinanze del sito; non esistono soluzioni al problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi, come dimostrano le 250mila tonnellate di rifiuti altamente radioattivi prodotte fino ad oggi nel mondo, tutte in attesa di essere conferite in siti di smaltimento definitivo.”



Sono tante le bugie che circondano la proposta di ritorno al nucleare nel nostro Paese. L’energia nucleare è la fonte energetica più costosa e meno competitiva: tra costo industriale e sussidio di Stato il costo raggiunge circa gli 80 dollari al megawattora, secondo una stima al 2030 del Dipartimento USA (2007), tanto che persino l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica prevede una riduzione del contributo dell’atomo alla produzione elettrica mondiale che passerà dal 15% del 2006 a circa il 13% del 2030. Il nucleare non permette di centrare gli obiettivi europei del 20-20-20: o si investe in tecnologia nucleare per la produzione energetica oppure si sceglie di sostenere la diffusione delle fonti rinnovabili, l’innovazione tecnologica e l’efficienza energetica, i due investimenti sono semplicemente alternativi e impossibili da portare avanti in parallelo. Scegliere il nucleare non vuol dire abbandonare i combustibili fossili: l’energia elettrica costituisce solo il 15% degli usi finali di energia, mentre il restante 85% è costituito da carburanti per i trasporti e calore per riscaldamento e processi industriali.



“Quella di oggi è la prima di una serie di iniziative che Legambiente intende organizzare nei siti che, con maggiore probabilità, potrebbero ospitare i reattori nucleari che il governo vuole realizzare. Occasioni d’incontro con la popolazione, per illustrare le ragioni del nostro dissenso nei confronti dell’atomo –ha spiegato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente-. Il nucleare è una tecnologia pericolosa e costosa che non vogliono né le amministrazioni locali, né i cittadini. Chiediamo al governo di abbandonare questo progetto folle che rischia di alimentare conflitti istituzionali e sociali. Vogliamo ricordare, inoltre, che mettere in cantiere nuove centrali significherebbe far perdere all’Italia altro tempo prezioso nella lotta contro il mutamento climatico, oltre che nello sviluppo dell’innovazione tecnologica in campo energetico, uno dei settori trainanti del mercato globale degli anni a venire.”



All’iniziativa erano presenti: Agriturismo Guidozzo; Ass.ne pro Pescia Romana; CGIL Lazio; Coldiretti Lazio; Comitato dei cittadini liberi di Tarquinia; Comitato nazionale “Sì alle energie alternative no al nucleare”; Comitato No al Carbone Civitavecchia; Comitato No coke Tarquinia; Comitato Terra di Maremma; Confederazione Italiana Agricoltori – CIA Grosseto; Contrada Santa Lucia; Coop. soc. Il Chiarone; Coop. Foce del Fiora; Coop. Il Triciclo; Coop. soc. Il Giocomatto; Coop. agr. Pantano; Ecotermia; Confagricoltura Lazio; Fondazione solidarietà e cultura onlus; Latte Maremma; Parco naturalistico archeologico di Vulci; Protezione civile Montalto di Castro; RdB CUB Federazione Prov.le di Viterbo; Rete dei Comitati per la Difesa del Territorio; Sun Ray Italy; Taurus progetto sole; Tekno srl; Tuscany Energy Power; Unione degli Studenti; 4Sun.

Hanno inoltre partecipato: Filiberto Zaratti, assessore all’ambiente e alla cooperazione tra i popoli Regione Lazio; Alessandro Mazzoli, presidente Provincia di Viterbo; Salvatore Carai, Sindaco di Montalto di Castro; Paolo Perinelli, presidente Confagricoltura Lazio; Mario Pusceddu, presidente Agriturist Lazio; Roberto Della Seta, capogruppo Pd Commissione Ambiente Senato; Daniele Ciambella, Assessore Univ. Agraria Tarquinia; Giuseppe Nascetti, professore Univ La Tuscia; Alberto Volpi, Arcicaccia. In piazza anche i Sindaci dei Comuni denuclearizzati di Canepina, Maurizio Palozzi, Celleno, Marco Taschini, e Nepi, Franco Vita.



Roma, 31 Ottobre 2009

L’Ufficio Stampa Legambiente 339 3945428

giovedì 29 ottobre 2009

Nucleare? NO grazie!


Sabato 31 ottobre vi aspettiamo a Montalto di Castro per il no nuke day: una grande mobilitazione nazionale per dire NO al nucleare, No alle bugie atomiche del Governo. PARTECIPATE!

lunedì 26 ottobre 2009

Città italiane, più tartarughe che lepri.

Brusca battuta d’arresto nelle politiche per la sostenibilità urbana.
Lo dicono i dati della XVI edizione di Ecosistema Urbano, il Rapporto annuale di Legambiente, Sole 24 Ore e Ambiente Italia


Verbania vince la classifica della qualità ambientale davanti a Belluno e Parma . Male il Sud, malissimo la Sicilia: Catania è la maglia nera

E’ un’Italia più tartaruga che lepre quella delle città italiane, dove si registra una battuta d’arresto nelle politiche ambientali urbane e una scarsa agilità nello sfruttare le opportunità, anche economiche, offerte da una più attenta e lungimirante gestione dei rifiuti, della mobilità, dell’energia. E’ scarsamente attrattivo il trasporto pubblico (gli abitanti dei capoluoghi, in media, fanno solo un viaggio e mezzo a settimana su autobus, tram e metropolitane), le isole pedonali sono praticamente immutate da un anno all’altro (0,35 mq per abitante), le zone a traffico limitato si sono rimpicciolite (da 2,38 mq per abitante dello scorso anno ai 2,08 attuali), la congestione da quattroruote è identica (circa 64 auto ogni 100 abitanti), mentre sale solo dell’1% l’efficienza della depurazione (dall’88% all’89%), e il parametro migliore alla fine è quello della raccolta differenziata: un +2,79% che però lascia l’insieme delle città ferme al 27,19%, lontano, quindi, dal 50% che andrebbe assicurato entro il 2009.

In questo scenario statico spiccano le performance di Verbania, Belluno, Parma, Bolzano e Siena, che occupano i primi cinque posti della classifica, così come risaltano, stavolta in negativo, gli eco-risultati di Catania, Crotone, Agrigento, Frosinone Enna e Caltanissetta, adagiate sul fondo della graduatoria.


Questi in sintesi i risultati della XVI edizione di Ecosistema Urbano di Legambiente, rapporto annuale realizzato con la collaborazione scientifica di Ambiente Italia e il contributo editoriale de Il Sole 24 ore. Nelle ultime venti posizioni sono rappresentate ben otto regioni italiane, ma è la Sicilia la maglia nera: tutti e nove i capoluoghi di provincia sono, infatti, piazzati in fondo. Seguono Calabria e Lazio con tre città ognuna, poi con un capoluogo ciascuno Sardegna, Molise, Liguria, Lombardia e Campania con Napoli che si piazza 89ª (era 88ª lo scorso anno).



“Non investire nella sostenibilità urbana produce un doppio danno, sia locale che globale - ha sottolineato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente – nelle città infatti si concentrano le più alte percentuali delle emissioni inquinanti, dei consumi energetici e degli spostamenti: migliorando l’ecosistema urbano, quindi, si offre un ambiente migliore agli abitanti e, nello stesso tempo, si contribuisce alla riduzione dei gas climalteranti che stanno facendo salire la temperatura del pianeta. Proprio dai centri urbani, anzi, in vista del vertice di Copenaghen, potrebbe partire una sfida in tre settori determinanti: edilizia, mobilità e inversione dell’effetto “isola di calore”. Tre ambiti dove le pubbliche amministrazioni e le imprese devono promuovere innovazione, sostenibilità, riduzione dei consumi e delle emissioni con il coinvolgimento della ricerca, degli urbanisti e, non ultimo, della gente comune, che già esprime questi nuovi bisogni ma, come testimonia anche quest’anno Ecosistema Urbano, troppo di rado trova risposte adeguate sul territorio”.

“Le città sono in sofferenza – ha aggiunto Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane di Legambiente – alle prese con numerosi problemi ambientali e una manutenzione che malagestione o risorse economiche sempre più risicate a disposizione delle amministrazioni locali rendono via via più problematica e carente Eppure proprio i centri urbani, che sono tra i principali attori di un modello di sviluppo non sostenibile, sono i luoghi che possono governare direttamente il trasporto pubblico e la mobilità, che possono regolare coi loro piani il come, il dove e la qualità del costruire, che possono gestire al meglio le risorse energetiche, il ciclo dei rifiuti e quello dell’acqua, ridurre le emissioni di gas climalteranti e contrastare i cambiamenti climatici. Queste opportunità sono tutte nelle mani dei sindaci. Dovrebbero solo amministrare un po’ più da formiche e un po’ meno da cicale”.


Catania, ultima in graduatoria, riassume quello che succede (o che non succede) in coda alla classifica. Il capoluogo etneo butta al vento il 50% dell’acqua potabile immessa in rete, depura un terzo dei suoi scarichi fognari, raccoglie in maniera differenziata il 3% della spazzatura, ha un alto tasso di motorizzazione, un mediocre trasporto pubblico, pochissime isole pedonali e scarse zone a traffico limitato.

Si ringrazia la Coldiretti


L’Ufficio Stampa Legambiente (06.86268353-79-60-76)