sabato 24 aprile 2010

Liberiamo l’Italia dal nucleare!

24, 25 e 26 aprile iniziative di Legambiente in tutta Italia sui rischi dell’energia atomica in occasione dell’anniversario di Cernobyl

“Centrali pericolose anche in assenza di incidenti: rilasciano radioattività”


Per non dimenticare il terribile incidente di Cernobyl, per dire ancora una volta che il nucleare non è sicuro, non garantirà all’Italia il rispetto degli accordi internazionali sui cambiamenti climatici, non ridurrà la bolletta energetica degli italiani né le importazioni di combustibili fossili, Legambiente si mobilita il 24, 25 e 26 aprile all’insegna di Liberiamo l’Italia dal nucleare!
Il 26 aprile del 1986 esplose, infatti, il reattore numero 4 della centrale nucleare di Cernobyl, in Ucraina, e quel disastro, a 24 anni di distanza, continua a causare gravi danni alla salute. Il governo italiano si appresta, ora, a rilanciare l’energia atomica in Italia, affermando che le centrali “di ultima generazione” sono sicure. Ecco perché Legambiente scende in piazza per informare i cittadini sui rischi ambientali, la sicurezza e i costi delle nuove centrali atomiche.
“Sul nucleare pulito e sull’atomo sicuro ci stanno raccontando solo balle. Vogliamo fare chiarezza sui rischi reali che i cittadini corrono nel caso di un’installazione di una nuova centrale atomica sul proprio territorio – dichiara Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente -. Il nostro governo ha firmato più di un anno fa con quello francese un accordo per realizzare 4 reattori di tecnologia EPR, a cui se ne dovranno aggiungere altrettanti per arrivare al 25% di elettricità prodotta dall’atomo. Ma è bene sapere che, oltre a non essere stata ancora risolta in alcun modo la questione delle scorie, l’ordinaria attività di una centrale rilascia piccole dosi di radioattività che contaminano il terreno, l’acqua, l’aria circostante, finendo così nella catena alimentare. Il nucleare è quindi una minaccia per la sicurezza dei territori anche in assenza di incidenti”.
Secondo uno studio dell’Ufficio federale tedesco per la protezione dalle radiazioni, più si vive vicino alle centrali nucleari e maggiore è il rischio di contrarre malattie gravi. Per i bambini che vivono entro 5 chilometri da una centrale nucleare, la possibilità di contrarre la leucemia aumenta rispetto ai coetanei che vivono a una distanza di oltre 50 chilometri. E’ forse per questo che il nostro governo prevede compensazioni economiche per i territorio che ospiteranno le centrali?
Inoltre, la tecnologia EPR (European Pressurized (Water) Reactor - Reattore europeo ad acqua pressurizzata), un reattore a fissione nucleare da oltre 1.600 MWe concepito dalle aziende Siemens e Framatome nei primi anni 90 e portato avanti ora dalla francese Areva, descritto nel nostro Paese come un gioiello tecnologico, non ha risolto nessuno dei problemi noti da decenni. In particolare, a novembre 2009 le Autorità per la sicurezza nucleare francese, finlandese e britannica hanno evidenziato delle gravi lacune nel sistema di sicurezza dell’EPR e ordinato alla società costruttrice di modificare pesantemente il progetto.
“L’Italia sta promuovendo una tecnologia insicura, inquinante e vecchia – conclude Ciafani -. A maggior ragione se nel 2030 saranno disponibili sul mercato i reattori di quarta generazione, in fase di studio a livello internazionale”.

Le iniziative di Legambiente fanno parte del Cernobyl day, promosso in tutto il mondo dall’associazione francese Sortir du nucleaire.

mercoledì 21 aprile 2010

22 aprile - XII settimana della cultura - presentazione della tesi di laurea di Mauro Crocco su palazzo Monte Prestami

Il 22 aprile, nell’ambito del programma nazionale della XII Settimana della Cultura, il circolo Legambiente di Piazza Armerina proporrà ai propri concittadini un seminario culturale durante il quale sarà presentata la tesi di laurea “Monte Prestami a Piazza Armerina: analisi storico-costruttiva e proposta di recupero”.
La tesi è stata elaborata, e recentemente discussa, dal dott. Mauro Crocco all’interno del Dipartimento di Progetto e Costruzione Edile della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Palermo, ed ha visto come relatore il prof. Giovanni Fatta.
Il palazzo fu edificato alla fine del XVIII secolo, e precisamente tra il 1774 e il 1780, per ospitare il Monte Prestami, fondato nel 1771 da padre Michele Chiello, insieme all’ospedale civile.
Conserva ancora le scaffalature originarie.
L’attività del Monte proseguì sino alla sua liquidazione, avvenuta nel 1957.
La tesi di Mauro Crocco affronta in primo luogo le vicende storico-costruttive che hanno interessato il palazzo e successivamente propone un’ipotesi di recupero e rifunzionalizzazione del monumento.
Monte Prestami è sicuramente uno dei palazzi meno conosciuti del centro storico, probabilmente perché costituisce il retro del più noto Palazzo di Città che insiste su piazza Garibaldi.
“La presentazione di questa tesi – dichiarano i responsabili di Legambiente – oltre ad essere un piacere per l’importante risultato dal neo-ingegnere Crocco, nostro socio, costituirà l’occasione per accendere i riflettori sul problema del recupero del centro storico e sulla rifunzionalizzazione dei palazzi della città antica”.
Sarà allestita anche la mostra delle tavole della tesi.
L’appuntamento è fissato alle 18.30 di giovedì 22 aprile presso i locali del centro di Educazione Ambientale del Parco urbano San Pietro, cui si accede da via Don Milani (ex via Padova).

martedì 20 aprile 2010

Acqua pubblica, privata o pulita

La partecipazione di Legambiente alla campagna referendaria sull’acqua

Legambiente ha deciso di far parte del Comitato promotore dei referendum contro l’obbligo di privatizzare il servizio idrico (previsto dal decreto Ronchi del novembre 2009). Le norme che spingono alla privatizzazione dell’acqua sono, infatti, già in atto e stanno manifestando tutti i loro effetti nocivi. Ciò che ci preoccupa non è solo che sono stati messi in discussione alcuni principi fondamentali (l’acqua è un bene comune, il suo accesso deve essere garantito a tutti, il suo utilizzo deve rispondere a criteri di pubblica utilità) ma anche il fatto che così ci allontaniamo dalla soluzione dei veri problemi (tra questi le perdite lungo la rete acquedottistica e distributiva, le annose carenze nella depurazione, i costi troppo bassi della risorsa che hanno finito col favorire sprechi e iniquità, etc).
Nonostante i dubbi sullo strumento referendario - più che legittimi considerando che negli ultimi quindici anni mai si è riusciti a raggiungere il quorum, a maggior ragione se i temi su cui saranno chiamati a esprimersi gli italiani saranno diversi (nucleare, giustizia, lavoro) -, Legambiente ha deciso di partecipare alla campagna referendaria per alimentare il dibattito con la sua idea di gestione sostenibile delle acque e per costruire un’alleanza con gli enti locali per concretizzarla.
La nostra adesione non ha come obiettivo la ri-publicizzazione della gestione dell’acqua, visto che i problemi attuali del servizio idrico italiano sono un’eredità delle gestioni totalmente pubbliche, ma punta alla modifica parlamentare della legge vigente, perché fondata su presupposti assolutamente sbagliati. Infatti la gestione privata viene considerata erroneamente la soluzione a tutti i mali, come testimoniato da alcune esperienze fallimentari di privatizzazione del servizio idrico integrato sul territorio italiano, mentre non esiste nessuna normativa comunitaria che obbliga gli Stati membri a liberalizzare la gestione dell’acqua. Inoltre con il decreto Ronchi rischiano di essere compromesse quelle (non numerosissime a dir la verità) gestioni pubbliche che hanno garantito un servizio idrico efficace, efficiente ed economico.
Abbiamo ritenuto utile essere dentro la campagna referendaria anche per creare consapevolezza nei territori sui problemi veri e sulle soluzioni possibili, che non coincidono semplicisticamente con la gestione pubblica dell’acqua, nonostante i dubbi sulla formulazione di parte dei tre quesiti:
- il primo quesito punta ad abrogare l’articolo 23 bis del decreto Tremonti approvato nel giugno 2008, così come modificato dal decreto Ronchi, che inserisce tra i servizi pubblici locali da liberalizzare anche il servizio idrico integrato;
- il secondo quesito, che nel merito suscita più di una perplessità, vuole abrogare l’articolo 150 del decreto legislativo 152 del 2006 (il Codice ambientale), che prevede le tre modalità di affidamento in gestione del servizio idrico integrato già previste dalla riforma che partì con la legge Galli del 1994: la gara, l’affidamento in house o a una società mista;
- il terzo quesito, che è quello meno condivisibile sul piano dei principi, vuole abrogare una parte del comma 1 dell’articolo 154 del decreto legislativo 152 del 2006 per fare in modo che la tariffa non sia commisurata sulla remunerazione del capitale investito, con il rischio di bloccare gli investimenti necessari al miglioramento del servizio idrico.
Per Legambiente la modifica della legge vigente deve essere finalizzata alla risoluzione dei problemi del servizio idrico, ormai noti da anni:
- il 33% dell’acqua che si perde nelle reti colabrodo di trasporto e distribuzione;
- il 30% degli italiani che non è ancora servito da un depuratore (18 milioni di cittadini in Italia ancora oggi scaricano i loro reflui non trattati direttamente nei fiumi, nei laghi e nei mari!) e il 15% da una rete fognaria;
- un costo mediamente basso della risorsa che non ha sfavorito i grandi consumatori; noi siamo ovviamente favorevoli a garantire il diritto a tutti, ma serve un sistema tariffario che scoraggi gli sprechi;
- un accesso alla acqua che in alcune parti del Paese è ancora oggi razionato;
- la mancanza di politiche di efficienza e risparmio che permettano di passare dalla gestione della domanda alla pianificazione dell’offerta della risorsa idrica;
- l’assenza di una authority pubblica forte, autorevole e indipendente per controllare che le gestioni rispondano ai criteri di un uso socialmente equo e ambientalmente sostenibile dell’acqua.