domenica 11 dicembre 2011

Le proposte di Legambiente per uscire dalla crisi

Come recuperare 21 miliardi di euro al bilancio pubblico da investire in misure a favore dell’ambiente, della salute, dell’occupazione. Leggi le nostre proposte per uscire dalla crisi.

Quasi 21,5 miliardi di euro. E' la cifra che l'Italia potrebbe recuperare attuando una conversione ecologica di alcuni settori, incentivando la sostenibilità ambientale e disincentivando le pratiche più inquinanti. Risorse reperibili velocemente, da utilizzare in parte per la diminuzione del debito e in parte per investimenti ad alto tasso di occupazione.

La proposta si articola in tre parti:
1) Ridurre il debito aiutando l’ambiente;
2) Tagliare gli sprechi di risorse economiche;
3) Abbattere gli sprechi dei beni comuni

Conti alla mano, ecco il prospetto che sintetizza le nostre proposte.

Patrimoniale una tantum sulle auto di grande cilindrata.
€ 1.992.000.000

Revisione della fiscalità ordinaria sulle auto
€ 500.000.000

Cave
€ 231.500.000

Concessioni acque minerali
€ 115.000.000

Aumentare il costo dello smaltimento dei rifiuti in discarica
€ 710.000.000

Accisa a favore del trasporto ferroviario locale
€ 1.200.000.000

Unificare la tassazione delle rendite finanziarie
€ 2.000.000.000

TOTALE RISORSE RECUPERABILI € 6.748.500.000


Prospetto di sintesi degli sprechi

costo del ritardo sugli obiettivi di Kyoto
€ 800.000.000

strade e ponti inutili
€ 12.700.000.000

Incentivi al trasporto su gomma
€ 400.000.000

Spese militari
€ 791.500.000

TOTALE SPRECHI € 14.691.500.000


Recupero Risorse (euro 6.748.500.000) + taglio agli sprechi( euro14.691.500.000).

Totale euro 21.440.000.000

Rinnovato il protocollo di Kyoto. Legambiente: “Un passo importante dovuto soprattutto alla coalizione dei volenterosi

A Durban dopo lunghi e difficili negoziati si é riuscito ad evitare il fallimento e rinnovare il Protocollo di Kyoto come regime di transizione verso un nuovo accordo globale che dovrà coinvolgere anche le maggiori economie del pianeta superando l'attuale contrapposizione tra paesi industrializzati e in via di sviluppo.
La "Piattaforma di Durban" prevede infatti la sottoscrizione di un nuovo accordo globale entro il 2015 e la sua applicazione a partire dal 2020. Esito questo non scontato visto l'ostruzionismo degli Stati Uniti, sostenuti da Canada Australia e Nuova Zelanda con Russia e Giappone a dar loro manforte. Ma grazie al ruolo determinante dell'Europa - finalmente con il sostegno convinto anche del nostro governo - é stato possibile dare vita ad una Coalizione di Volenterosi tra paesi industrializzati emergenti e in via di sviluppo in grado di spingere India e Cina ad abbandonare il gioco dei veti contrapposti e costringere gli Stati Uniti ad approvare un mandato a sottoscrivere un accordo globale che abbia il Protocollo di Kyoto come architrave.
Molto debole l'accordo raggiunto sul Green Climate Fund. Si é solo riusciti a definire la struttura e le modalità di gestione del fondo destinato a finanziare le azioni di riduzione delle emissioni e di adattamento ai mutamenti climatici nei paesi poveri. Nessuna certezza invece é stata garantita ai finanziamenti promessi a Copenaghen e confermati a Cancun attraverso una roadmap che aumenti annualmente i 10 miliardi di dollari già stanziati per il 2012 sino a garantire i 100 miliardi di dollari promessi per il 2020.
Purtroppo nel pacchetto di decisioni adottate a Durban i governi non sono stati in grado di raggiungere anche un accordo su come colmare il cosiddetto "gigatonne gap" ossia il divario - stimato dall'UNEP tra 6 e 11 gigatonne di CO2 - tra gli attuali impegni di riduzione delle emissioni e quelli necessari per contenere il surriscaldamento globale al di sotto dei 2 gradi centigradi.
“L'Europa - ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - da subito si deve fare promotrice, con il sostegno dell'Italia, di un piano per colmare questo gap e aggiornare al 30% il proprio impegno di riduzione delle emissioni di gas-serra al 2020. Per l’Europa si tratta di un impegno che non richiede grandi sforzi aggiuntivi e in linea con le politiche climatiche ed energetiche adottate a livello comunitario. L’Unione europea, infatti, è già a un passo dal raggiungimento dell’obiettivo del 20% al 2020 visto che nel 2010 le emissioni dei ventisette paesi Ue sono già diminuite del 15,5% rispetto al 1990”.
Sono quindi sufficienti solo misure aggiuntive per consentire, colmando l’attuale ritardo, il raggiungimento dell’obiettivo del 20% per l’efficienza energetica. Secondo recenti stime della Commissione, in questo modo sarà possibile raggiungere una riduzione interna – ossia senza il ricorso agli strumenti flessibili previsti dalla legislazione comunitaria – del 25% delle emissioni di gas-serra, facilitando così il raggiungimento dell’obiettivo del 30% al 2020.


Roma, 11 dicembre 2011 Comunicato stampa
L’ufficio stampa (3490597187)