mercoledì 2 settembre 2009

Clima/Ue a Italia: nessun intervento dello Stato per le imprese energetiche che hanno sforato i tetti alle emissioni di CO2

Legambiente: “Dalla Commmisione Ue una chiara smentita al Governo. Ora l’Italia si metta finalmente in marcia per ridurre i Gas Serra”



“La Commissione Europea ha risposto in maniera inequivocabile al Governo: le imprese italiane che avranno emesso più CO2 di quanto consentivano le quote assegnate dovranno pagare e non potrà farlo lo Stato al posto loro. Inoltre non è vero che l’Italia sia stata penalizzata nell’assegnazione delle quote, il criterio utilizzato è infatti lo stesso per tutti i Paesi. E i dati della Commissione smentiscono la tesi del Governo sulla maggiore efficienza delle imprese italiane rispetto a quelle degli altri Paesi europei” Così Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente commenta le affermazioni della Commissione europea che, in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa Apcom, è intervenuta nel dibattito scatenato in Italia da un articolo del “Sole 24 ore” del 13 agosto in cui si riportavano le conclusioni del “Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva 2003/87 CE” per l’applicazione del Protocollo di Kyoto nell’Ue. “I dati dicono che il problema dello sforamento riguarda principalmente il settore termoelettrico. Sarebbe invece il momento che il Governo iniziasse ad attuare serie politiche di riduzione della CO2, anziché continuare a dare il via libera a centrali inquinanti e rinviare provvedimenti che aiuterebbero il sistema industriale italiano a recuperare i ritardi” ha continuato Zanchini.

Secondo la Commissione infatti le imprese industriali italiane che nel 2009 avranno emesso più CO2 di quanto gli consentivano le quote assegnate loro gratuitamente dal Piano nazionale delle emissioni (Nap), dovranno pagare un’ammenda e comprare sul mercato, entro il 30 aprile 2010, i permessi di emissione necessari a coprire il loro surplus. Nessun aiuto da parte pubblica è consentito, perché equivarrebbe a un aiuto di Stato vietato dalle norme comunitarie. Invece per i cosiddetti ‘nuovi entranti’, ossia gli impianti che hanno iniziato la produzione dopo l'approvazione del Nap, la Commissione ha riconosciuto la possibilità che fosse lo Stato ad acquistare una quota di riserva pari a 16,93 milioni di tonnellate di CO2. Nel 2008 lo sforamento rispetto alle quote assegnate è avvenuto in due settori: il termoelettrico e le raffinerie mentre i diversi comparti industriali (cemento, carta, acciaio e altre materie prime essenziali) sono stati sotto i limiti assegnati. Per Legambiente è evidente che il problema che l’Italia ha rispetto ai limiti fissati dal Nap riguarda principalmente il settore termoelettrico. E’ qui che bisognerebbe intervenire per spingere interventi di efficienza e soprattutto premiare le tecnologie che emettono meno. Al contrario il Governo spinge sul carbone e non premia l’innovazione industriale come sta avvenendo negli altri Paesi. Per questo, sottolinea l’associazione ambientalista, è fondamentale che si stabiliscano criteri per l’assegnazione delle quote gratuite che considerino l’efficienza in termini di emissione di CO2 degli impianti. Sarebbe assurdo e inaccettabile che queste quote venissero assegnate a una centrale a carbone come quella di Civitavecchia che, una volta entrata in funzione, da sola emetterà oltre 10 milioni di tonnellate di CO2 l’anno.

“Tutte le obiezioni mosse da coloro che remano contro il protocollo di Kyoto in questo dibattito – ha continuato Zanchini – come quelle che l’Italia è stata penalizzata rispetto agli altri Stati membri nell’assegnazione delle quote o che le industrie italiane sono le più efficienti dal punto di vista energetico, sono state puntualmente smentite dal commissario Ue all’Ambiente, Stavros Dimas. Il nostro Paese può recuperare il ritardo accumulato in questi anni con vantaggi concreti per i cittadini e le imprese puntando con forza sul miglioramento dell’efficienza energetica, e in parallelo sullo sviluppo delle fonti rinnovabili. Insomma facendo semplicemente quel che stanno facendo gli altri Paesi Europei da cui acquistiamo i diritti di emissione”.


da www. legambiente.eu

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