giovedì 6 aprile 2023

Il nostro progetto selezionato tra i 152 ammessi alla fase finale del Bando “Comunità educanti”

Con il primo bando sulle “Comunità educanti” sono stati selezionati 152 progetti in tutta Italia. Coinvolte circa 2 mila organizzazioni tra terzo settore, scuole, comuni, altre istituzioni e privati. Le comunità educanti saranno sostenute complessivamente con oltre 14, 5 milioni di euro. Tra le azioni previste: nascita di nuovi partenariati pubblico-privato sociale e patti educativi, coinvolgimento attivo di genitori e cittadini, sviluppo di luoghi e spazi di socializzazione per i ragazzi.

Rossi-Doria: “Sostenere le comunità educanti vuol dire prendersi cura, dare forza alla riflessione sul campo e alle competenze di donne e uomini che tengono unita l’Italia perché si occupano di bambini e bambine, ragazzi e ragazze esclusi e fragili. Significa davvero investire sul futuro del Paese. Si tratta della prima azione di sistema a livello nazionale, necessaria non solo per affrontare efficacemente il fenomeno della povertà educativa minorile, ma anche per innovare i processi di sviluppo del Paese partendo dai giovani e da tutto il mondo che ruota attorno ad essi: scuola, famiglia, coetanei, quartiere, terzo settore, istituzioni, imprese”.

Attraverso il bando “Comunità educanti”, il primo del suo genere in Europa con un impatto di sistema a livello nazionale, Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile ha selezionato 152 progetti, su oltre 700 proposte ricevute, con l’obiettivo di creare, rafforzare o implementare le alleanze educative nel Paese. Le iniziative, sostenute complessivamente con oltre 14,5 milioni di euro, coinvolgono 1.953 organizzazioni, tra enti del terzo settore, scuole, enti locali e altre istituzioni, imprese. Tra le diverse azioni dei progetti, sono previsti interventi in co-progettazione con le famiglie, gli stessi ragazzi e gli altri attori della comunità educante, iniziative capaci di coinvolgere attivamente genitori e cittadini, prevedendo delle figure di supporto quali ad esempio le “sentinelle di comunità”, i “community worker”, i “tutor comunitari”, professionisti o volontari (dal tabaccaio all’edicolante, dal pensionato agli stessi ragazzi). Molte azioni prevedono inoltre attività attorno ai luoghi di ritrovo dei ragazzi e delle comunità (dal bar al mercato rionale, dalla palestra o dal centro aggregativo alla biblioteca, dal parco alla scuola vissuta fuori dall’orario scolastico) affinché il dialogo e la partecipazione siano sempre più vivi. Tutto ruota infatti attorno al concetto allargato di “educare”, inteso come azione svolta non solo dalla famiglia e dalla scuola, ma anche da tutti quegli attori che ruotano attorno ai bambini e ai ragazzi. Una responsabilità collettiva da svolgere in maniera coordinata: ad essere al centro, quindi, non sono tanto gli interventi rivolti direttamente ai minorenni, quanto i processi di attivazione e strutturazione delle relazioni tra i componenti della comunità.

Si apre quindi un grande “cantiere educativo”, che interesserà comunità educanti in tutte le regioni d’Italia (59 al Nord, 33 al Centro e 60 nel Sud e nelle isole) per i prossimi due anni: dai quartieri delle grandi città ai borghi appenninici, alle reti di comuni (es. nella Locride in Calabria o nel Mantovano in Lombardia). Ad accompagnarli, gli uffici di Con i Bambini e l’Istituto per la Ricerca Sociale, incaricato anche della valutazione finale dell’intervento nel suo complesso.

“Il concetto di comunità educante è un approccio cruciale e trasversale dell’intera strategia di intervento del Fondo – sottolinea Marco Rossi-Doria, presidente di Con i Bambini – perché occorre una responsabilizzazione collettiva rispetto ai processi educativi e di crescita dei giovani. Sostenere le comunità educanti vuol dire prendersi cura, dare forza alla riflessione sul campo e alle competenze di donne e uomini che tengono unita l’Italia perché si occupano di bambini e bambine, ragazzi e ragazze esclusi e fragili. Significa davvero investire sul futuro del Paese. Questo bando rappresenta la prima azione di sistema a livello nazionale, necessaria non solo per affrontare efficacemente il fenomeno della povertà educativa minorile, ma anche per innovare i processi di sviluppo del Paese partendo davvero dai giovani e da tutto il mondo che ruota attorno ad essi: scuola, famiglia, coetanei, quartiere, organizzazioni di terzo settore, istituzioni, imprese, per generare opportunità di crescita non solo per loro ma per tutto il Paese”.


domenica 2 aprile 2023

Gli ETS di rilevanza nazionale con rappresentanza a Piazza Armerina, Legambiente, Italia Nostra, Club per l’UNESCO, Gruppi archeologici d’Italia e F.A.I. chiedono l'attuazione del Piano di Gestione della Villa del Casale

 

Gli enti del terzo settore di rilevanza nazionale con rappresentanza a Piazza Armerina, Legambiente, Italia Nostra con Giuseppe Maria Anzaldi, Club per l’UNESCO con Anna Maria Di Rosa, Gruppi archeologici d’Italia con Roberto Scollo  e F.A.I. con Luca Vitali, scrivono all’arch. Liborio Calascibetta, direttore del Parco Archeologico di Morgantina e della Villa del Casale, rivendicano il loro ruolo di “portatori di interesse” e di soggetti attivi e propositivi per il territorio, e chiedono l’immediata attuazione del Piano di gestione UNESCO della Villa del Casale tramite, in particolare, l’istituzione della Conferenza degli Stakeholder.

Paola Di Vita, presidente del circolo piazzese di Legambiente e responsabile regionale per i beni culturali, dichiara:

“il piano di gestione è un documento obbligatorio per il mantenimento del riconoscimento UNESCO e la sua redazione deve essere il risultato di un processo partecipato. Il 6 dicembre 2022, in occasione del 25esimo anniversario del riconoscimento UNESCO della Villa, il piano è stato presentato. Ad oggi, non risulta essere disponibile sul sito internet della Villa ma, cosa ancor più grave, non si può dire che sia il risultato di un vero processo di partecipazione. A onor del vero è giusto dire che, ad inizio 2020, la società civile è stata chiamata a formulare osservazioni e proposte su un documento che era presentato come bozza del piano di gestione ma che in effetti non era altro che un abstract seriale valevole sia per la Villa che per le 8 città del Val di Noto che per Siracusa e Pantalica. La redazione del nostro piano di gestione faceva parte, infatti, di un unico progetto che comprendeva anche questi altri 2 siti UNESCO. Ma l’insorgere della pandemia ha bruscamente interrotto questo processo partecipativo in nuce che si è tradotto, quindi, in una mera proposizione di documenti cui non sono seguiti tavoli tematici di confronto. Nonostante ciò, e le numerose richieste di confronto avanzate da Legambiente Sicilia, i redattori del piano, Civita Sicilia, sono andati avanti e hanno dato alle stampe i 3 piani di gestione. A Piazza Armerina siamo reduci da un’esperienza assolutamente negativa in fatto di piano di gestione perché il precedente, redatto nel 2012, non è mai stato attuato nonostante le numerose sollecitazioni. Ed è anche per questo che esprimiamo la forte preoccupazione che, anche questo aggiornamento datato 2020, possa seguire la stessa sorte e rimanere solo un documento nel cassetto, buono per l’UNESCO ma non per il territorio.  Ma la Villa del Casale è patrimonio dell’umanità, quindi non è solo cosa di proprietà dei suoi vertici di governance, e infatti l’UNESCO a proposito dell’obbligo di un management plan fa riferimento a appropriato piano di gestione o un altro documentato sistema di gestione che dovrebbe specificare come il valore universale eccezionale del sito sarà mantenuto, possibilmente attraverso processi partecipativi”. E tutto ciò risulta in linea con gli enunciati della Convenzione di Faro che promuove una più ampia comprensione del patrimonio e delle sue relazioni con le comunità e la società e incoraggia i cittadini a riconoscere l’importanza di oggetti e siti del patrimonio culturale attraverso i significati e i valori che questi elementi rappresentano per loro, ma anche con il principio di “co-programmazione e co-progettazione” che individua e stabilisce modalità di relazione tra Enti pubblici e Terzo settore ispirate al principio di collaborazione, oggi ampiamente applicato in Italia, anche alla luce del vigente Codice del Terzo Settore. Il piano di gestione oggi è una realtà e prevede esplicitamente il coinvolgimento del territorio ed è per questo che abbiamo chiesto al direttore Calascibetta di mettere in atto i meccanismi partecipativi previsti dallo stesso. Che sia una Conferenza, un Osservatorio, un Forum o altra denominazione che si voglia individuare e che dovrebbe comunque esistere a prescindere dal piano di gestione. La società civile di questa città ha avuto un ruolo importante e determinante nel processo di costruzione del parco archeologico, probabilmente più della politica, e oggi, come sempre, è pronta e disponibile a interpretare il proprio ruolo propositivo con l’unico scopo di difesa del bene comune. Non è possibile pensare un parco archeologico fossilizzato in un castello di vetro che non dialoga con il territorio. Ci auguriamo pertanto che il direttore Calascibetta scelga di intraprendere un nuovo corso nella gestione della Villa, prima che del Parco, nel rispetto di quando detto sopra, perché solamente azioni concertate e condivise contribuiranno a far crescere, in questo territorio, quello spirito di appartenenza e di consapevolezza che fanno di un bene culturale un sito patrimonio dell’umanità”.