venerdì 31 ottobre 2008

Sanità - l'OSP incontra mons. Pennisi

Stasera 30 ottobre 2008 una delegazione dell’Osservatorio Sanitario Permanente (OSP), è stata ricevuta dal Vescovo della Diocesi Mons. Michele Pennisi per parlare di sanità. Erano presenti i medici Sergio Rossitto (che è stato l’ispiratore dell’incontro), Ninni Ciancio, Giuseppe Fanzone, Gino Ramunno e Sebi Arena. La riunione, che si è protratta per circa due ore, ha portato ad un necessario approfondimento della attuale problematica che investe la Sicilia e soprattutto la nostra provincia ed è stata ispirata alla massima cordialità e al dialogo sereno pur nella evidente preoccupazione per il destino degli ospedali dell’ennese e di quelli della diocesi. Il Vescovo, nell’accogliere l’appello indirizzatogli dagli operatori sanitari presenti, ha informato di tutte le iniziative intraprese nei confronti degli esponenti sanitari della Usl di Enna e del Governo regionale, comprese quelle ispirate dalla Conferenza episcopale siciliana. L’Osservatorio ha informato S.E. dello status della lotta cittadina contraria all’attuazione dello schema di decreto Russo e pure al SIOEN di Francesco Iudica che è l’ipotesi di rimodulazione dei quattro ospedali ennesi elaborato dal Direttore della Usl 4. Su quest’ultimo “parto creativo” si è incentrata la massima preoccupazione poiché risulta chiaro che la sua attuazione significherebbe la fine dell’ospedale di Piazza Armerina il quale sarebbe ridotto ad un mero luogo di accoglienza sanitaria con qualche ambulatorio e un reparto di lungodegenza. Il piano SIOEN di Iudica è stato esaminato nelle sue sfaccettature così come è stato illustrato ai Sindaci e all’OSP dal suo autore, ma è apparso subito chiaro che servirà a smantellare l’ospedale nella sua peculiarità di luogo di cura per acuti con la perdita inestimabile di diversi reparti di degenza come la Cardiologia, l’Ostetricia e la Pediatria, mentre gli altri reparti come la Chirurgia, l’Ortopedia e l’Urologia sarebbero relegati ad una operatività di piccola e media complessità mediante una gestione del malato di tipo Five Week Surgery, sistema assolutamente irrealizzabile dove non ci sia anche la presenza di un normale reparto di chirurgia. E’ stato chiarito, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che tutta la iattura del nostro ospedale nasce dalla caparbia e decisionista volontà della regione di effettuare un grosso e drastico taglio dei posti-letto ospedalieri in Sicilia, sia pubblici che privati, e soprattutto dall’iniquo trattamento riservato alla provincia di Enna rispetto ai grossi poli sanitari occidentale e orientale. Da qui l’appello affinché venga rivisto l’indice di “2,1 posti-letto x mille abitanti” assegnato alla nostra provincia e del diritto di averlo innalzato almeno al 3 x 100 in modo da avere a disposizione il numero di 540 posti-letto necessari ad una decente sanità e tali da salvare anche l’ospedale di Piazza. Mons. Pennisi ha mostrato grande solidarietà allo sforzo che la comunità sta facendo per salvare l’ospedale ed ha ricordato, anche con un suo documento, che, pur riconoscendo la necessità di combattere gli sprechi, la sanità deve essere al servizio dell’uomo e per questo è necessario coniugare cura e sollecitudine umana, scienza ed assistenza, diritto alla salute e solidarietà, ricerca ed etica. Ha ribadito inoltre che una riforma sanitaria è fatta anche di potenziamento dei servizi di emergenza e di pronto soccorso oltre che di quelli che riguardano l’assistenza domiciliare e di lungodegenza. Ma ha chiarito che la sanità deve ispirarsi al primato della persona umana e non della malattia in sé, all’unicità e irripetibilità del soggetto. Tali concetti espressi dall’illustre presule e recepiti e condivisi dai presenti non poteva che orientare ancor più verso la ricerca di un dialogo con le autorità sanitarie che a tutt’oggi non è stato e di cui non s’intravede la possibilità che avvenga. Infatti la direzione dell’Usl, come longa manus dei vicerè della capitale, sta dimostrando di voler usare il mero imperio non raccogliendo minimamente gli accorati appelli delle comunità, dei comitati e delle altre istituzioni provinciali e comunali. La delegazione ha informato il Vescovo delle iniziative fin qui prese dalle istituzioni locali e delle prossime che via via si prenderanno affinché si possa far recedere le autorità sanitarie e soprattutto la politica di palazzo dei Normanni – quasi una deriva autoritaria - da posizioni ingiuste e antisociali come finora sta accadendo.

Appello del vescovo mons. Pennisi per la sanità - pubblichiamo l'appello emesso qualche settimana fa

In questi ultimi mesi sono stato invitato a prendere posizione per il ridimensionamento degli ospedali di vari comuni della mia diocesi: da Piazza Armerina a Niscemi, da Mazzarino a Gela e di altri servizi sanitari in altri comuni.
Sono stato informato di inefficienze e sprechi per i quali ci sono responsabilità condivise che riguardano sia i politici, come gli operatori sanitari come anche i cosiddetti "clienti" della sanità .
Auspico che questi problemi siano risolti non con manifestazioni demagogiche e improduttive ma con il dialogo sereno e costruttivo e il contributo di tutti al bene comune.
Non è mio compito suggerire soluzioni tecniche o organizzative, che competono ai rappresentanti delle Istituzioni pubbliche responsabili della sanità, ma facendomi interprete delle lamentele e delle preoccupazioni delle nostre popolazioni, invito tutte le Autorità competenti a rispettare le finalità dei benefattori fondatori degli Ospedali e delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e a fare il possibile per tutelare e promuovere il pieno rispetto del diritto a strutture sanitarie qualitativamente efficienti a misura d’uomo , che garantiscano ai cittadini il fondamentale diritto alla salute e siano vicine ai bisogni delle persone malate.
Si tratta di coniugare eticità, efficienza, efficacia, economicità. L’eticità della sanità, come valore primario, presuppone una ridefinizione di una sanità dei fini che punti sulla centralità della persona malata e non solo dei mezzi sia tecnici che economici. E’ necessaria una sanità che ispiri la propria azione assistenziale al primato della persona e non della malattia, all’unicità e irripetibilità del soggetto e non solo del caso clinico.
Pur riconoscendo l’importanza di operatori sanitari , che coniughino scienza e coscienza e che siano adeguatamente remunerati, bisogna superare una concezione autoreferenziale della sanità che deve essere innanzitutto al servizio delle persone malate.
Per una sanità a servizio dell’uomo bisogna coniugare cura e sollecitudine umana, scienza ed assistenza, medicina e antropologia, diritto alla salute e solidarietà, ricerca ed etica, ben-essere e bene, qualità della vita e vita di qualità; bisogna riservare una particolare attenzione a chi, considerato inguaribile, non per questo deve essere, nei fatti, considerato incurabile. Questo richiede il potenziamento dei servizi sanitari di emergenza e di pronto soccorso e dell’assistenza domiciliare e l’apertura di hospice che ci occupino dei malati lungodegenti o terminali. E’ fondamentale la promozione di tutta la vita e la tutela della vita di tutti. La vita della società moderna ha reso le persone più sensibili e più fragili; e perciò è necessario da parte dei politici e degli operatori sanitari più attenzione, più trasparenza, più coinvolgimento dei diretti interessati nelle scelte di politica sanitaria, più gentilezza nel compiere la loro missione che deve essere ispirata non al tornaconto personale ma all’amore verso il prossimo.
+ Michele Pennisi, Vescovo di Piazza Armerina

mercoledì 29 ottobre 2008

Firma la petizione di Legambiente e La Nuova Ecologia

Una bella sanatoria per i tombaroli e i collezionisti d’opere d’arte rubate, un assurdo lasciapassare per chi ha trafugato preziosi beni archeologici: ecco in sintesi la proposta di emendamento alla Finanziaria dell’on Gabriella Carlucci sulla “riemersione di beni culturali in possesso di privati”, un censimento del sommerso realizzato depenalizzando il possesso di beni archeologici in cambio di un’autocertificazione di “detenzione in buona fede” e il pagamento di un discutibile balzello.“Nessun condono per i trafficanti d’arte. Nessun privilegio per chi detiene beni archeologici non denunciati. Questo emendamento - ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Sebastiano Venneri - oltre a consentire a un facile viatico a chi fino ad oggi ha detenuto illegalmente beni dello stato, incentiverà ulteriormente i furti e il saccheggio del sottosuolo grazie alla depenalizzazione e alla facile regolarizzazione degli illeciti. Assurdo che il paese che più degli altri dovrebbe investire in tutela e valorizzazione dei beni culturali promuova un condono generale salva-furbetti basato oltretutto su una ridicola dichiarazione di buona fede”.
Il provvedimento proposto sarebbe inoltre, una sorta di fotocopia di quello presentato nel 2004 da alcuni deputati, tra i quali la stessa Carlucci, e che fu allora ritirato dal governo su proposta del ministro dei beni culturali Giuliano Urbani.

“Speriamo - ha concluso Venneri - che anche in questo caso prevalga il buon senso e vinca la legalità e che questo non sia invece solo il primo di una nuova serie di condoni di cui questo paese non ha certo bisogno”.

Firma l’appello contro il condono per i ladri d’arte sul sito www.lanuovaecologia.it


L’ufficio stampa Legambiente

06 86268399 – 79 – 76 - 53

lunedì 27 ottobre 2008

La scuola è un investimento e non un costo


LEGAMBIENTE ADERISCE ALLO SCIOPERO DEL 30 OTTOBRE INDETTO DAI SINDACATI DELLA SCUOLA

L'ITALIA HA BISOGNO DI PIU' ISTRUZIONE, MIGLIORE E PER TUTTI


La scuola pubblica è un bene comune del paese da cui dipende il futuro di noi tutti.

LA SCUOLA E' UN INVESTIMENTO E NON UN COSTO
La scuola non può essere solo oggetto di tagli, che possono solo peggiorare le condizioni organizzative e professionali di un sistema che ha urgente bisogno di essere rinnovato e qualificato, anche attraverso un attento ed equilibrato esame di risparmi possibili.
Il rinnovamento della scuola e' la grande opera pubblica che dovrebbe essere la priorità per ogni governo e non la si può cambiare senza un'ampia condivisione e concertazione con tutti i soggetti sociali.

RITENIAMO IRRINUNCIABILE:

che si apra un immediato confronto sul Piano programmatico per individuare alcuni fattori di rinnovamento condivisi;
che si vada ad un profondo cambiamento del sistema dell'istruzione, seguendo un metodo che metta al centro i bisogni dei cittadini più giovani e non la necessità di praticare tagli, al fine di garantire una buona scuola per ogni bambino/ragazzo, salvaguardando quella parte che oggi è universalmente riconosciuta come la migliore: ovvero la scuola elementare;
che si ridia stabilità e dignità professionale agli insegnanti;
che si aprano tavoli territoriali con gli enti locali per individuare criteri di razionalizzazione della rete scolastica che, nell'ottica dell'ottimizzazione, garantiscano il diritto allo studio per tutti ed in particolare per chi vive nei piccoli comuni;
che si definisca un grande piano nazionale per rendere l'edilizia scolastica la punta di diamante del rinnovamento energetico del nostro Paese.

LEGAMBIENTE INVITA INSEGNANTI, EDUCATORI, RICERCATORI, STUDENTI, CITTADINI AMBIENTALISTI,
SINDACI ED ENTI LOCALI
A PARTECIPARE ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA PER LO SCIOPERO DEL 30 OTTOBRE, CHE PARTIRA' DA
PIAZZA DELLA REPUBBLICA ALLE ORE 9.30

domenica 26 ottobre 2008

Piazza Armerina, città di scippi storici, invidie e vendette.

del dott. Sebastiano Arena

Piazza Armerina, una cittadina che nel suo cammino storico ha avuto grandi fortune e molte invidie, subisce ancora una volta il triste destino di una classe politica dominante che la punisce e si vendica. É una specie di eterna maledizione che non riuscirà mai a scrollarsi di dosso poiché i difetti dei suoi abitanti sono innumerevoli e dannosi, mentre i pregi, che sono pure numerosi, non emergono e anzi suscitano rancore e rivalità nei paesi vicini e nei luoghi del potere provinciale e regionale. Questi giudizi sembrano apparentemente pregiudizi, ma alcuni fatti starebbero a dimostrare che sono veritieri. Chi, poi, avrebbe la forza di difendere la città, non lo fa e spesso gioca a far credere che lo fa. Quanto invece sono ammirevoli i politici di altri luoghi che, nel momento della necessità e dell’emergenza, testimoniano la loro appartenenza col sacrificio a volte eroico. Da noi rimane la vigliaccheria camuffata di “scuma”.
Non è il caso di rispolverare ab ovo le disgrazie di questa città, poiché è risaputo che l’arabo-normanna ‘Blâtsah fu pure distrutta per la sua dabbenaggine, nella seconda metà del sec. XII. Senza scorrere il rosario della sua storia interessante, ma infelice, voglio accennare soltanto alle vicende più recenti.
1812: Piazza, che aveva un posto nel Parlamento Siciliano, si fece rappresentare da un nobile palermitano che sconosceva la città che, dunque, fu scippata della provincia che invece fu attribuita a Caltanissetta.
1926: avvenne il 2° scippo della provincia. Piazza era, coi suoi 38.000 abitanti, fino al 1926, capoluogo di Circondario nella provincia di Caltanissetta e, stando al criterio di scelta del regime fascista di far diventare province i capoluoghi di Circondario, Piazza doveva essere scelta. Ma il fascismo, a cui la città era invisa a causa del suo vescovo Mario Sturzo (fratello maggiore di Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare) e dunque dichiarata sovversiva, fu sacrificata a favore di Enna, abitanti 30.000. Piazza venne sistematicamente spogliata di servizi e uffici a favore del nuovo capoluogo. I piazzesi non mossero un dito, neppure quando nel 1943, in contrada Soldano gli Starrabba ospitarono per alcuni mesi il Maggiore Poletti, capo dell’Amministrazione alleata in Sicilia, a cui i cittadini posero la questione della provincia, ma non lo fecero più di tanto. Eppure Poletti fece diventare provincia la città di Caserta, anch’essa considerata sovversiva dal Duce. I rapporti si fecero astiosi tra Piazza ed Enna e ancora i piazzesi ne avvertono la memoria nonostante il ricambio generazionale.
1994: ritorno alla carica per far chiudere l’ospedale cominciandolo a decurtarlo di posti-letto da 225 a 153. Il Piano sanitario regionale del tempo prevedeva che il Presidente della provincia prendesse contatti coi sindaci i quali, essendo i responsabili della salute pubblica dei Comuni, preparassero le modifiche del piano e le facessero pervenire alla sede provinciale. Non un solo esponente della sanità o un solo tecnico venne contattato, né una organizzazione sanitaria e il Sindaco del tempo si limitò ad attendere gli eventi. All'ospedale di Piazza venne indetta un'assemblea di tutte le organizzazioni sindacali sanitarie e di tutti i primari che esaminarono con preoccupazione e con scrupolo la problematica e diedero indicazioni sulla linea da seguire nella lotta per la salvezza dell'ospedale. Il Comitato, appositamente creato, diramò diversi comunicati-stampa che richiamassero l'opinione pubblica sul problema. A ciò seguì un Consiglio Comunale appositamente convocato che approvò all'unanimità un documento unitario nel quale si dichiarava la contrarietà del Consiglio Comunale e della cittadinanza alla diminuzione dei posti-letto e alla eliminazione dei Servizi di Cardiologia - Urologia - Nefrologia - Centro Trasfusionale - Otorinolaringoiatria. Il Sindaco del tempo trasmise subito questo documento al Presidente della Provincia. Il Colpo di scena avvenne a questo punto: l' Assessore Comunale alla Sanità uscì dal cilindro un progetto trasversale e affermò che questo rappresentava la proposta che l'Amministrazione comunale presentava alla Provincia. Il cosiddetto "progetto dell' Amministrazione" in pratica proponeva l'accorpamento dell' ospedale di Piazza con quello di Enna in modo da farne un' azienda unica, cioè trasformava il "Chiello" in una specie di succursale dell'ospedale di Enna.
Fortunatamente si levò un coro di protesta dalla cittadinanza, dagli operatori sanitari e da tutti i consiglieri comunali, affinché il Sindaco si mettesse a capo del dissenso con proposte serie e credibili e, dopo una serie di azioni di lotta condotte in città, presso l’Usl e davanti all’Assessorato di Palermo, il pericolo della chiusura fu scongiurato anche se i posti-letto furono ridotti.
2007: un nuovo Piano sanitario proposto dall’assessore regionale Lagalla, teso a razionalizzare la spesa e far rientrare la sanità siciliana dal deficit pauroso in cui è piombata, prevedeva la decurtazione in tutta l’Isola di circa 2800 posti-letto. Anche in quell’occasione avvenne la mobilitazione di tutta la Sicilia contro il Piano che, di fatto, mortificava tutta la sanità pubblica e privata. Anche in quell’occasione si comprese come l’ospedale di Piazza corresse il concreto pericolo di chiudere a causa della decurtazione del numero minimo dei posti-letto. Fu constatato come l’ospedale progressivamente e costantemente veniva abbandonato a se stesso e ad una lenta ed inesorabile agonia. Era la strategia vincente di cui ancora se ne subiscono le conseguenze: gli ascensori non venivano riparati, le telecamere e il servizio di sorveglianza venne smantellato, il bar chiuso, tutti i numerosi ingressi al nosocomio rimanevano aperti notte e giorno e in balia dei malintenzionati e dei vandali, ogni richiesta elementare veniva disattesa. Già un anno addietro i progetti per il cosiddetto risparmio di gestione prevedevano che, se un medico andava in quiescenza, non veniva sostituito e capitava pure che un secondo medico in interdizione per malattia non veniva sostituito. Capitava pure che dall’oggi al domani, un medico da un reparto veniva trasferito ad un altro senza alcun preavviso. Capitava pure che il risparmio venisse caricato sulle spalle dei cittadini anziani o meno abbienti ai quali era ridotta la fornitura degli ausili e presidi. Si creò nel nostro ospedale un’atmosfera di prevaricazione usata a colpi di ordini di servizio iniqui e illogici e di cui non si rispondeva a nessuno. Veniva usata la semplice e feroce logica di sfiancare i dipendenti, soprattutto medici ed infermieri, che invece di poter lavorare con dignità e con la necessaria serenità che il loro lavoro esige, finivano con l’essere stressati, mortificati e delusi, consapevoli di non svolgere come volevano quel lavoro etico che è la professione sanitaria. Tuttavia, dopo le solite e sfiancanti lotte, con la costituzione dell’Osservatorio Permanente Ospedaliero, un Comitato cittadino e con l’appoggio del Consiglio comunale, si ebbero alcuni mesi di tregua.
2008. A Palermo fu sostituito l’assessore Lagalla con l’assessore Massimo Russo, un magistrato prestato alla politica, il quale, sulla scorta del piano Lagalla volle dimostrare ai tecnici ministeriali quanto virtuosa e volenterosa fosse la nostra Isola al fine di risanare il suo deficit. Così fece preparare un nuovo progetto di rimodulazione della rete ospedaliera ancora più restrittivo e penalizzante, che prevede una riduzione di 5.702 posti letto anziché 2.800 come programmato inizialmente nel piano. Il resto è storia nota. Per la provincia di Enna sono previsti soltanto 365 posti-letto a fronte dei 718 assegnati, l’unificazione dei 4 nosocomi in due ospedali (Nicosia ed Enna), la sospensione dei due ospedali per acuti di Piazza e Leonforte , la creazione di due presidi territoriali di assistenza a Piazza e Leonforte.
A Piazza in particolare è stato effettuato lo scippo maggiore: si e no avrà una quarantina di posti-letto per fare Medicina generale e Lungodegenza, Dialisi; la Chirurgia e l’Urologia saranno degradate a Five Week Surgery, vi sarà qualche ambulatorio, un centro di accoglienza mascherato da Pronto Soccorso, alcuni servizi territoriali. Perderà la Cardiologia, l’Otorinolaringoiatria, la Pediatria, l’Ostetricia e l’Ortopedia, il Centro trasfusionale e altri servizi che saranno centralizzati. No so se è poco! Lo scippo a lungo meditato giunge al suo perfezionamento.
Piazza Armerina, che ha difeso coi denti in questi anni il suo ospedale, stavolta non soccombe sotto le picconate di Enna, ma sotto quelle ben più potenti di Caltagirone. Potenza della politica! Vi ricordate che quel gentiluomo di assessore comunale Innocenzo Di Carlo che alcune settimane addietro invitò al Consiglio i sindaci del bacino d’utenza del nostro distretto? Ebbene, quelli erano i sindaci di Mirabella, S. Michele di Ganzaria e San Cono, centri del distretto sanitario di Caltagirone, ma che utilizzavano molto il nostro ospedale. Non si presentarono e si capisce il perché. L’ospedale di Caltagirone ora può respirare, giustizia è fatta! Finalmente Piazza, che con la sua posizione geografica lungo l’asse Caltagirone-Enna toglie il disturbo per far posto agli avvoltoi che divideranno le sue spoglie. Viva le Quattro Erre dell’assessore Russo sbandierate ai quattro venti: responsabilità, regole, rigore e risultati! Peccato che le prime tre le abbia eluse in partenza. Il destino della quarta è prevedibile: una discreta sanità concentrata nell’ambito dei grandi centri metropolitani. Per l’altra Sicilia solo danni e delusioni.