sabato 30 gennaio 2010

Dossier Ambiente Sud - materiali per una rinascita del Sud

Una lettura innovativa del Mezzogiorno d’Italia proposta da Legambiente:
“La rinascita del Sud nel contesto Paese, i luoghi comuni da sfatare, le eccezioni da valorizzare per una nuova strategia di sviluppo”


“Negli ultimi anni, nelle regioni meridionali, si è andato formando un variegato paesaggio di esperienze amministrative, di proposte, di pratiche imprenditoriali, di vittorie della legalità, di vivace presenza della società civile, di distretti industriali e di centri di ricerca, che non è ancora una politica nazionale ma da cui è opportuno partire per capire attraverso quali leve questa parte del Paese possa reagire alla crisi economica e alle criticità storiche che ne hanno condizionato lo sviluppo”. Da questo assunto parte l’idea di Legambiente di monitorare e promuovere le esperienze più originali e innovative attraverso l’istituzione del Premio Innovazione amica dell’ambiente per il Sud insieme al Comitato Mezzogiorno di Confindustria, e la realizzazione dossier periodici, inaugurati in questa giornata con la presentazione di “Ambiente Sud, materiali di lavoro per la rinascita del sud”, nel quale si cerca di fotografare attraverso l’analisi di alcuni parametri ambientali le fragilità e le debolezze, ma anche le eccellenze di un territorio variegato ed eterogeneo che ci spinge a parlare di tanti Sud diversi, con esempi positivi di amministrazione efficiente, di scuole e università di livello, di comunità consapevoli e capaci, di territori che reagiscono all’illegalità e alla criminalità, di distretti e singole imprese all’avanguardia nell’innovazione tecnologica, di risultati in campo ambientale importanti.

“La rinascita del Sud è condizione sine qua non per la rinascita dell’intero Paese - ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, nel suo intervento di introduzione al dossier -, ma per realizzarla è necessario sfatare i luoghi comuni che zavorrano le potenzialità di questa parte del Paese, a partire dall’idea diffusa che il Sud sia stato inondato di risorse pubbliche, mentre, in realtà, la spesa pubblica pro capite nel Sud negli ultimi dieci anni è diminuita a vantaggio del Centro Nord. Idem per quel che riguarda l’idea che alcuni problemi appartengano solo a quelle terre, come ad esempio la gestione delle risorse territoriali: non c’è nessuna differenza tra aree geografiche in merito ai canoni di concessione delle cave o delle acque minerali,che le regioni potrebbero imporre. Oppure, per quel che concerne i ritardi nella realizzazione delle opere pubbliche o l’incapacità di indirizzare gli sforzi sulle infrastrutture che servono. La stessa diffusione dell'illegalità mafiosa al Nord rientra in questo quadro. Il Sud è certamente un’area carica di debolezze e fragilità, ma sempre con importanti e significative eccezioni”.

Bisogna partire dalla valorizzazione delle novità che i tanti Sud stanno producendo, avviando una nuova programmazione delle risorse - come tentò di fare Carlo Azeglio Ciampi quando era ministro del Tesoro - concentrando l’intervento pubblico sul miglioramento delle condizioni di contesto perché il fattore fondante per lo sviluppo di qualità del Sud sta nel miglioramento delle condizioni civili, culturali, sociali e ambientali di tutta l’area. Tutto ciò come condizione di ordinarietà, fuori dall’emergenza e dagli interventi straordinari, portando a sistema le esperienze migliori, trasformandole in norme ed incentivi. Promuovendo cornici istituzionali variabili, favorendo l’aggregazione di nuove omogeneità territoriali senza badare ai confini amministrativi, costruendo un nuovo livello di collaborazione tra Regioni perché le politiche strategiche convergano verso un unico obiettivo: migliorare il contesto civile, culturale, sociale e ambientale, dotandosi anche di strumenti di verifica e valutazione delle politiche stesse.

Per costruire un contesto di qualità diffuso, non si può non prescindere da due grandi leve: l'istruzione e l’ambiente.

Serve infatti più cultura, e più diffusa, per avere un livello superiore di consapevolezza delle sfide che ogni cittadino, ed il Paese nel suo complesso, si trova ad affrontare, per valorizzare al meglio le risorse umane di un territorio e per cogliere le vocazioni specifiche di un ambiente.
La qualità ambientale poi, è l’espressione diretta della coesione sociale delle comunità e della loro permeabilità al nuovo, della qualità del governo locale, del tessuto produttivo e delle opportunità occupazionali, della cultura che quel territorio esprime. Alcune politiche in questa direzione si sono avviate e soprattutto ci sono esperienze diverse che stanno concretamente trasformando le questioni ambientali in risorse per l’innovazione. E’ così nel settore dei rifiuti, dove crescono i comuni ricicloni e città come Salerno fanno registrare risultati di grande rilievo nella raccolta differenziata; è così nel settore dei trasporti regionali dove la Campania ha realizzato un sistema che può essere assunto come modello per tutte le Regioni e a Bari le politiche dei trasporti urbani hanno raggiunto risultati di assoluta eccellenza; è così per il settore delle energie rinnovabili, dove la Puglia è riuscita a imprimere un’accelerazione per niente scontata.

Non mancano, ovviamente, in questo quadro le contraddizioni, i ritardi e gli errori catastrofici. Tra questi sicuramente la grande piaga dell'illegalità, la questione della sicurezza idrogeologica che rappresenta un vero buco nero e l’uso dissennato che è stato fatto del territorio nei decenni passati che pesa come un macigno sull’attuale classe dirigente e sulla sicurezza di tutti.

Nel complesso però, i ritardi evidenti del Sud potrebbero trasformarsi oggi in leve per la rinascita, se si riesce a capire e a condividere la sfida che accompagnerà i prossimi decenni.
La tendenza verso un’economia a basse emissioni di CO2 infatti, comporterà nuovi prodotti, diversi consumi, nuova organizzazione del trasporto e del vivere in città, e questo aprirà la porta anche a nuovi lavori, nuove imprese, spazi per la ricerca e l’innovazione di processo e di prodotto. In questa sfida, che riguarda tutto il Paese e l’Europa, occorre sapere che il Sud può e deve giocare un ruolo eccezionale.
I dati, che presentiamo nel dossier confermano che il divario tra Sud e Centro-Nord ovviamente c’è, che si affastellano insieme problemi storici e strutturali e nuove emergenze, ma anche che ci sono numerosi segnali di novità e di esperienze positive. Quello che manca è una politica nazionale coerente che, a partire da quelle che oggi sono “eccezioni positive”, le porti a sistema, inaugurando un “modello Sud” originale e capace di migliorare le condizioni di chi al Sud vive e vuole continuare a vivere.



Nel dossier, oltre all’introduzione di Vittorio Cogliati Dezza, dal titolo Il Mezzogiorno terra di eccezioni, … e se le eccezioni fossero la regola?, interventi di Luca Bianchi, vicedirettore Svimez (Le risorse per il Mezzogiorno), Sebastiano Venneri (Il peso dell’illegalità) e Antonio Nicoletti (La conservazione della natura nelle strategie di sviluppo locale del Sud), seguiti da una serie di articoli e schede dedicate a “Settori, modalità d’intervento e proposte per un piano di sviluppo delle regioni del Mezzogiorno” così articolati: il territorio (Il rischio idrogeologico, Le cave, Il rischio incendi); la gestione delle risorse ambientali (Le risorse idriche, I rifiuti urbani, Le energie rinnovabili, L’agricoltura di qualità, L’impatto ambientale dell’industria, Il fenomeno delle ecomafie); Abitare e muoversi (Le città capoluogo viste da Ecosistema Urbano, I pendolari, Il Piano casa); la conoscenza per lo sviluppo (Il sistema dell’istruzione, I beni culturali).

giovedì 28 gennaio 2010

Caccia, ira delle associazioni per l’approvazione di caccia no limits

“Decisione vergognosa. Presi in giro milioni di italiani. Ora risposte da Ronchi e Berlusconi”.

Grande mobilitazione in vista del voto alla Camera.

Ciò che è accaduto oggi al Senato ha del vergognoso nei confronti dell’Europa, che è stata bellamente raggirata, ma soprattutto della natura e dei cittadini italiani, a cui qualcuno dovrà spiegare che la caccia e i fucili vengono prima di tutto.

E’ la dichiarazione delle associazioni all’approvazione dell’articolo 38 della legge Comunitaria che, tra le altre cose, cancella i limiti della stagione venatoria attualmente contenuti tra il 1° settembre e il 31 gennaio.

Ora si dovrà spiegare il perché di questa incredibile scelta a quel 90% di italiani che respingono ogni idea di allungamento della stagione venatoria. E dovranno farlo in prima istanza il Ministro Ronchi, che si è assunto la responsabilità di una scelta così clamorosamente sbagliata, e il Presidente Berlusconi, cui 150 associazioni di cittadini, professionisti, ambientalisti, animalisti hanno oggi chiesto invano un intervento risolutore.

E’ stato ignorato il parere negativo del Ministero dell’Ambiente, che specificava come l’articolo peggiorava anziché risolvere la situazione di infrazione in cui l’Italia già si trova sul tema caccia. E’ stato ignorato il parere negativo dell’ISPRA, l’autorità scientifica nazionale che si occupa della materia. Sono stati ignorati e anzi dimenticati i pareri negativi dati dalle Commissioni competenti della Camera e dello stesso Governo, a partire dal ministro Ronchi, che recentemente aveva già bocciato un identico emendamento. E tutto questo per assecondare una minoranza di cacciatori non ancora contenti di poter cacciare 5 mesi all’anno, per giunta facendo ingresso nei terreni privati.



Il risultato è che con questo emendamento, qualora dovesse essere confermato dalla Camera, la stagione venatoria si allungherebbe ai mesi delicatissimi di febbraio e agosto, con un danno grave alla natura e l’aggravarsi del disturbo e dei rischi arrecati alle persone.



Per non parlare degli altri aspetti, solo apparentemente marginali, comportati da questa pessima norma: il carattere giuridico dato alla guida europea sulla caccia (con il rischio-certezza di un vero e proprio corto circuito tra norma e interpretazione e il caos giuridico che ne conseguirà) o l’assenza di qualsivoglia intervento sul grave problema delle deroghe di caccia specie protette.

Insomma una situazione disastrosa e imbarazzante, resa persino beffarda dall’approvazione di un subemendamento presentato come “soluzione” ma che non cambia di una virgola la sostanza e la gravità della norma approvata e sul quale, a leggere le ultime agenzie, persino il Ministro Prestigiacomo dichiara di essere stata raggirata.

Una cosa è certa: prosegue la mobilitazione delle associazioni in vista del voto alla Camera. Una battaglia che si annuncia epocale.

mercoledì 27 gennaio 2010

Milleproroghe: Cementificazione selvaggia e condono generalizzato

“Emendamenti criminali che mettono a rischio la sicurezza e lo sviluppo del Paese”

“Il Piano Casa doveva, nelle rosee previsioni del Governo, rilanciare l’economia del Paese. Ad un anno di distanza quel piano è evidentemente fallito perché quel tipo di sviluppo, miope e poco lungimirante, non ha dato alcun risultato. Eppure quella proposta superficiale e populista viene riproposta oggi con un emendamento nel decreto Milleproroghe, accompagnata anche dall’idea, assurda, di riproporre un condono generalizzato per gli abusi ambientali a scapito del paesaggio e dell’indotto ad esso collegato”.

Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, commenta la notizia degli emendamenti pro cemento proposti dalla Maggioranza e ribadisce: “Il Piano Casa nella sua prima configurazione avrebbe solo favorito il lavoro nero a scapito della sicurezza e della legalità. Ad oggi, le Regioni hanno approvato Piani diversi, con caratteristiche molto differenti ma nessuna ha previsto norme di prevenzione per il rischio idrogeologico al quale il nostro Paese è generalmente esposto. Semplificare ulteriormente il Piano significa condannare l’Italia a nuovi rischi, nuove tragedie annunciate, nuovi scempi che oltre a devastare il territorio mettono gravemente a rischio la sicurezza dei cittadini. In questo panorama, riaprire anche i termini del condono edilizio vorrebbe dire dare la benedizione agli speculatori che si sono arricchiti – e che potranno continuare a farlo - a danno del Paese”.