sabato 21 gennaio 2012

Il Governo Monti fa marcia indietro: la ripubblicizzazione dell'acqua è possibile


La mobilitazione paga: il popolo dell'acqua ha costretto il Governo a ritirare il provvedimento che vietava la gestione del servizio idrico attraverso enti di diritto pubblico, quali le aziende speciali.

È una vittoria dei cittadini e dei comitati che in tutto il paese hanno fatto sentire forte la loro voce in difesa del voto referendario.

Rimane ampiamente negativo il giudizio del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua sul decreto liberalizzazioni che, a dispregio voto del giugno scorso, peggiora le già pessime misure del precedente Governo sulla privatizzazione degli altri servizi pubblici locali.

La mobilitazione del popolo dell'acqua continua per la piena attuazione del risultato referendario: avanti tutta con la ripubblicizzazione del servizio idrico e la campagna di obbedienza civile per una tariffa corretta e coerente coi referendum. Si scrive acqua, si legge democrazia.


Roma, 20 gennaio 2012


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Luca Faenzi
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E’ emergenza smog nelle città italiane. Legambiente presenta Mal’aria 2012


Fuori legge per pm10 il 67% dei capoluoghi di provincia monitorati. Al via il week-end di mobilitazione per il diritto alla salute.“Necessarie serie politiche di mobilità sostenibile. Seguire l’esempio dell’Area C milanese”
La qualità dell’aria delle città italiane è pessima e continua a peggiorare. Lo confermano i dati del dossier Mal’aria, lo studio annuale di Legambiente sull’inquinamento atmosferico. I principali imputati sono le polveri sottili: nel 2011, il 67% dei capoluoghi di provincia monitorati non ha rispettato il limite consentito di superamenti della soglia di PM10, un aumento del 12% rispetto all’anno precedente. Torino, Milano e Verona sono in testa con 158, 131 e 130 superamenti registrati nella centralina peggiore di ognuna delle tre città. Crescono, inoltre, le dimensioni degli sforamenti. Ed è una vera e propria emergenza, perché il particolato emesso dagli scarichi delle autovetture, dagli impianti di riscaldamento e dai processi industriali, sono sostanze altamente dannose per la salute umana per la loro capacità di penetrare in profondità nell’apparato respiratorio. Ecco perché contro smog e traffico, per rivendicare il diritto alla salute, prende il via oggi il week-end di mobilitazione di Legambiente lungo la penisola: banchetti informativi, flash mob, incontri con le amministrazioni e i cittadini per discutere proposte sui problemi piccoli e grandi legati alla mobilità in città.
Nel 2011, secondo la classifica di Legambiente “PM10 ti tengo d’occhio”, sulle 82 città monitorate, 55 hanno esaurito i 35 superamenti all’anno del limite di legge giornaliero per la protezione umana del PM10 (50 µg/m3). In particolare l’area della pianura Padana rimane la zona più critica. Tutti i capoluoghi lombardi hanno superato il “bonus” dei 35 giorni, in Piemonte si salva solo Verbania, in Veneto Belluno, Cesena in Emilia Romagna e Gorizia in Friuli Venezia Giulia.
A saltare all’occhio, però, oltre al numero di città che non rispettano i limiti, sono i giorni di sforamento e il loro pauroso aumento da un anno all’altro. Ben 13 città hanno registrato oltre 100 superamenti del limite di protezione della salute umana e 29 hanno superato di due volte il limite annuale dei 35 giorni fuorilegge. Se, per ipotesi, si potessero esaurire in anticipo i 35 superamenti consentiti ogni anno, Torino avrebbe già esaurito il bonus per i prossimi tre anni e mezzo, Milano e Verona per due anni e otto mesi, Alessandria e Monza per i prossimi 2 anni e mezzo. Rispetto al 2010, in alcune città la situazione è peggiorata in modo drammatico: Cremona ha registrato quasi tre mesi in più di aria irrespirabile, Verona due mesi in più, Treviso 50 giorni, e numeri allarmanti si leggono anche per Milano (44 giorni in più), Terni (42), Cagliari e Vercelli (entrambe hanno registrato un aumento di 38 giorni).
E se diminuiscono le città che hanno superato più di 25 volte il valore giornaliero dell’ozono, sono 18 quelle in cui gli sforamenti sono stati più del doppio di quelli concessi. Addirittura il triplo a Lecco, Mantova e Novara. È in leggera crescita anche il numero di città che non rispettano i limiti del biossido di azoto.
Le cause dell’inquinamento atmosferico sono chiare e conosciute da tempo. Analizzando il dettaglio cittadino delle fonti di emissione, si vede come il contributo del traffico veicolare sia rilevante per le polveri fini (come a Roma, Milano, Palermo e Aosta) e ancora di più per gli ossidi di azoto. Un’altra fonte sempre più influente in città è quella dei riscaldamenti, che in alcuni casi supera anche il contributo delle automobili, come ad esempio a Bolzano, Trento, Cagliari. E scendendo nel dettaglio delle emissioni che provengono dalle diverse categorie di veicoli, sono sempre le automobili le peggiori “inquinatrici”, e sebbene sul mercato compaiano modelli di auto sempre più efficienti e alcuni progressi siano stati fatti sulla riduzione degli inquinanti che escono dai tubi di scappamento, non vanno sottovalutate quelle 9mila tonnellate di polveri a livello nazionale che derivano dall’usura degli pneumatici, dei freni e del manto stradale, che in buona parte finiscono nei nostri polmoni.
“Al traffico – commenta Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente - si risponde troppo spesso con interventi occasionali di emergenza, come blocchi del traffico o targhe alterne, che possono servire a qualcosa solo se programmati in modo continuo nel tempo e associati a provvedimenti quali il pedaggio urbano. L’Area C recentemente introdotta a Milano è, ad esempio, un’iniziativa che va in questa direzione e che si dimostrerà tanto più efficace quanto più convincerà i milanesi a usare maggiormente i mezzi pubblici e la bicicletta. Sarebbe auspicabile integrarla con misure su zone più estese. Il tutto, poi, va coordinato a livello nazionale da un Piano di risanamento della qualità dell’aria, che ancora si fa attendere, e al quale si devono associare altre misure come quelle sul riscaldamento che in molte città contribuisce in maniera sostanziale all’aumento dell’inquinamento dell’aria. La soluzione è possibile, richiede però più coraggio da parte degli amministratori e più responsabilità da parte dei cittadini”.
Per limitare le auto in città servono, insomma, serie politiche di mobilità sostenibile e di potenziamento del trasporto pubblico locale, ma si deve pensare più seriamente anche al modo di ridurre il flusso del traffico pendolare in entrata nelle città. Sono circa 11milioni le persone che ogni giorno si spostano per recarsi al lavoro o ai luoghi di studio, e di questi solo 2,8milioni scelgono il treno. Le pessime condizioni del servizio ferroviario e dei treni sono continuamente peggiorate dai continui tagli delle risorse e dei collegamenti, le difficoltà di muoversi in città una volta usciti dalla stazione, rendono il treno poco appetibile come mezzo di trasporto. Eppure aumentare di mille unità i treni in circolazione o investire a lungo termine per portare i passeggeri ad almeno 4 milioni, porterebbe benefici non solo alla qualità della vita, ridurrebbe le congestioni da traffico, e comporterebbe un risparmio di emissioni in atmosfera stimate da Legambiente in una riduzione dal 3,3% al 5,5% di PM10.

lunedì 16 gennaio 2012

Il naufragio della discordia

Perchè il grattacielo del mare di Costa Crociere naufraga dove è vietato il passaggio anche a un gozzo? Lettera aperta di Legambiente al Ministro dell’Ambiente Corrado Clini.

Egregio Ministro Clini, benvenuto a Livorno e benvenuto davanti al mare toscano segnato dai tragici avvenimenti degli ultimi giorni. Questa visita le fa onore dal momento che non eravamo più abituati a incontrare un Ministro dell’Ambiente sui luoghi dei disastri ambientali. Sia che si trattasse di disastri reali, come quelli dei giorni di novembre in Lunigiana, all’Isola d’Elba, in Val di Vara e alle Cinque Terre, sia che si tratti di disastri ambientali potenziali, come quelli che minacciano il nostro mare in questi giorni. E siamo certi anche che la sua visita non sarà cerimonia e basta, ma l’occasione per riprendere finalmente in mano il bandolo di una matassa colpevolmente abbandonata per troppi anni. Ci riferiamo alle politiche di tutela del mare per le quali da tempo non registriamo alcun avanzamento, semmai clamorosi passi indietro. Già, perché questo mare dovrebbe essere anche un mare protetto. Protetto da accordi internazionali, come quelli che hanno dato vita a Pelagos, il Santuario dei cetacei, protetto da decreti del Presidente della Repubblica, come quello che ha voluto il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e protetto anche da decreti del suo ministero come quello che ha istituito l’area marina protetta delle Secche delle Meloria.

Tanti provvedimenti, tante misure di protezione che non hanno impedito gli eventi di questi giorni, firmati peraltro da due fra i più grossi gruppi navali italiani. C’è una nave del gruppo Grimaldi che trasporta sostanze pericolosissime che può decidere di navigare con una mare forza 10 sfidando la sorte. E c’è una nave da crociera del gruppo Costa che può avventurarsi a poche decine di metri dalla costa, laddove sarebbe proibito navigare anche a un gozzetto. E’ probabile addirittura, signor Ministro, che lo scoglio incastrato nella chiglia della Costa Concordia sia un pezzo della zona A del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, la zona più delicata e, di conseguenza, quella a protezione integrale.

E poi ci sono i bracconieri del mare che praticano la pesca illegale, ci sono i pirati dei giorni nostri che lavano abusivamente le cisterne in navigazione, c’è il tentativo di realizzare trivellazioni petrolifere fra le isole di Pianosa e Montecristo, e ancora chi pretende di organizzare in queste acque gare di offshore (è successo quest’estate a La Maddalena e qualche tempo fa proprio tra l’Elba e il Giglio!). E’ evidente che qualcosa non funziona, che è arrivato il momento di decidere se abbandonare il santuario Pelagos al suo destino, con una sede a Genova ancora chiusa e dodici anni di inattività alle spalle, o riprendere con determinazione la strada per una tutela attiva di questo territorio, per un rilancio delle sue aree protette e delle politiche del mare che facciano leva sulle migliori maestranze e competenze che il nostro Paese, e questa regione in particolare, possiedono.

Solo da qualche mese il suo Ministero ha ripristinato il servizio di prevenzione e intervento contro i rischi di inquinamento dopo anni di cancellazione, anni in cui ci siamo affidati alla buona sorte piuttosto che a un serio lavoro di pronto intervento. Ecco una strada interessante che consente di presidiare questi luoghi, di creare occasione di lavoro pulito per molti marittimi, ma ancora non si hanno certezze sulla copertura finanziaria del servizio per i prossimi anni. Se i fusti tossici si dovessero aprire o se il carburante della Costa Concordia cominciasse a fuoriuscire dai serbatoi i costi connessi ai rischi per la salute dei cittadini e per l’economia turistica della zona sarebbero incalcolabili. Un paese civile non può permettersi di incrociare le dita e scommettere sulla buona sorte, ma deve individuare strade reali, indicare prospettive di sviluppo concreto e assumere scelte coerenti in questa direzione. Cogliamo la crisi di questi giorni per dare un futuro al nostro mare.

Buon lavoro, signor Ministro.



Sabastano Venneri, responsabile nazionale Mare di Legambiente

Umberto Mazzantini, responsansabile nazionale Isole Minori di Legambiente