mercoledì 22 ottobre 2008

La tradizione ospedaliera a Piazza Armerina

Storia dell'ospedale di Piazza - di Sebi Arena


La tradizione ospitaliera e sanitaria a Piazza è antichissima. Si hanno numerose notizie e testimonianze della presenza, fin dal XIII sec., di un ospedale retto dai frati-cavalieri dell’Ordine ospedaliero di S. Giacomo d’Altopascio. Tale ospedale nel 1390 fu occupato dalle truppe di re Martino che ne fecero il quartier generale e lo mandarono in crisi.
Nel 1420 fu trovata la soluzione con la fondazione dell’Ospedale di S. Calogero e di S. Maria degli Angeli nel quartiere Monte retto dai confrati della Confraternita omonima e col personale medico e infermieristico dell’Ordine di S. Giacomo. In quel tempo la città di Piazza dava sede a un Viceprotomedico e ad un Magnifico Collegio dei Magnifici dottori fisici i quali, insieme, abilitavano alla professione medica i giovani laureati.
Nel 1444 l’Ospedale venne trasferito in un grande edificio nuovo presso la
Porta della Scattiola (attuale Via Mazzini vicino alla chiesa di S. Giuseppe).
Nel 1487 Guglielmo Capponi, della famosa e ricchissima famiglia omonima di Firenze, riordinò le case-ospedali di Sicilia e pose quella piazzese alle dipendenze del priorato di Naro. L’ospedale ebbe molte rendite e proprietà patrimoniali.
Nel 1600 avvenne un nuovo trasferimento dell’ospedale nel complesso edilizio annesso alla chiesa di S. Calogero e prese il nome di “Ospedale di S. Calogero e di S. Spirito” in omaggio all’Ordine ospedaliero subentrato a quello antichissimo di S. Giacomo d’Altopascio.
Nel 1648, dopo una grave crisi amministrativa, l’ospedale fu ceduto all’Ordine dei Fatebenefratelli che lo ristrutturarono e lo ingrandirono. Nel 1680 l’ospedale venne ridenominato (in onore del fondatore dell’Ordine) “Ospedale di S. Giovanni di Dio. Durante il 1684 l’ospedale ricoverò e curò ben 300 ammalati e la gestione fu buona fino al 1730 allorché si registrarono i primi venti di crisi.



L’Ospedale “Michele Chiello” di Piazza Armerina

Nel 1771 il chierico Michele Chiello da Piazza, grande benefattore, venne incontro alle esigenze sanitarie della città fondando un nuovo ospedale che, pur avendo sede nello stesso stabile dei Fatebenefratelli, aveva una distinta amministrazione ed era governato dal principe Starrabba di Giardinelli. I due ospedali - “S. Giovanni di Dio” e “Chiello” - operarono allora come istituzioni complementari alla Facoltà di Medicina che era sorta come Accademia degli Studi di Piazza (dopo la chiusura della Università degli Studi nel 1767 con l’allontanamento dei Gesuiti dal Regno di Sicilia).
Nei primi anni del XIX sec. (dopo il trasferimento a Palermo dei Principi Starrabba), l’ospedale “M. Chiello” passò sotto il controllo dei Rettori e dei Deputati della Suprema Deputazione degli Ospedali. Il Senato della città di Piazza tentò di unificare i due ospedali, ma ciò non fu possibile a causa delle rigorose clausole testamentarie del “Chiello”.
Nella metà dell’ ‘800 al “Chiello” ebbero inizio vari disservizi che furono in parte risolti quando nel 1853 il Barone Vespasiano Trigona, morendo, nominò erede universale dei suoi beni (il grosso latifondo della Ciappa, il palazzo baronale al piano Castello, etc.) l’ospedale “Chiello”.
Dopo la caduta della monarchia borbonica si ebbe il risanamento dell’ospedale mediante cospicue donazioni (del Canonico Pasquale Maltisotto, Sig.ra Adelaide La Vaccara, Cav. Gaetano Trigona di Mandrascate), per cui fu acquisito l’attiguo convento di S. Francesco che divenne la nuova sede (l’attuale) dei due ospedali cittadini riuniti col nome “Ospedale Michele Chiello e Vespasiano Trigona”.
Alla fine del XIX sec. l’ospedale fu arricchito di un nuovo padiglione - il Tubercolosaio - con due dispensari: l’Antitubercolare e l’Oftalmico. Benefattore fu la bella figura dell’Avv. Gaetano Di Pietra al quale il reparto fu dedicato. Seguirono le donazioni del Cav. Domenico Paternicò, Sig.ra Marianna Platamone, Sig.ra Marianna Carrù, Sig. Ignazio Vincifori, Sig. Giuseppina Franzone.
In questo secolo l’attività dell’ospedale è proseguita con dignità e prestigio al passo con l’evoluzione delle conoscenze mediche e con le tecniche chirurgiche. Negli anni ‘50 fu recuperata l’area dell’antico “Ospedale S. Giovanni di Dio”, costruendovi sopra il nuovo ingresso e i reparti di Chirurgia e ortopedia.
Negli anni ‘60 l’ospedale (il popolo amava distinguere l’ospedale nuovo dal vecchio dopo questo ampliamento) era detto circoscrizionale ed era retto da un consiglio di amministrazione, il cui presidente era il vicario vescovile Mons. Alessi, e che rifletteva la coloritura politica della città.

L’ospedale “Michele Chiello”, nonostante i riadattamenti effettuati nel tempo per renderlo funzionale e idoneo alle necessità di nosocomio, ha assolto alla sua funzione fin quasi alla fine degli anni ‘70, epoca in cui venne dichiarato inadatto ad una ottimale utilizzazione. Infatti in quell’epoca al Presidio giungeva pressantemente una domanda di nuove e più moderne prestazioni che si traducevano nella necessità di istituire un Centro Trasfusionale e un Servizio di Emodialisi, di potenziare il Laboratorio di Analisi cliniche, e aumentare la presenza di professionalità sanitarie. In tal modo il Presidio diveniva sede di Scuola Infermieristica, veniva istituito il Servizio di Cardiologia, quello di O.R.L. e quello di Urologia, veniva creato un Centro di Riabilitazione motoria e un Centro di Neonatologia. Queste nuove istituzioni andavano ad aggiungersi, a volte integrandole, alle tradizionali Divisioni di Chirurgia Generale, Medicina Generale e Terapia, Ortopedia e Traumatologia, Pediatria, Ostetricia e Ginecologia, Servizio di Pronto Soccorso, Anestesia e Rianimazione.
Gli spazi venivano utilizzati in maniera totale sacrificando ora la biblioteca, ora la stanza del medico di guardia, ora i corridoi dell’antico ingresso, ma venivano creati pure degli ammezzati o venivano chiuse tutte le terrazze sopra il chiostro e venivano utilizzati perfino i sottoscala. In tal modo, poiché era impossibile una crescita strutturale, trattandosi di un monumento storico vincolato, per non rischiare il collasso, fu ideato un mega-progetto di costruzione di un nuovo ospedale, appena fuori città e in località amena tra il verde dei boschi di contrada Bellia, progetto che è giunto, dopo alterne vicende, durate oltre 20 anni, alla fase conclusiva.
Sebi Arena

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