domenica 8 marzo 2009

8 marzo con le parole di Wangari Mathai


La tradizionale giornata dell'8 marzo si è purtroppo lentamente svuotata di contenuti e riempita di finalità commerciali e propagandistiche.
Noi vogliamo cogliere l'occasione di questa giornata per parlare di donne e ambiente. E lo facciamo ricordando le parole di una grande donna e una grande ambientalista, il premio nobel per la pace Wangari Mathai.


Attivista politica, ex vice-ministro per l’ambiente del Kenya, leader del Green Belt Movement, e nel 2004 premio Nobel per la pace. Per il suo impegno ambientalista, il suo contributo allo sviluppo sostenibile, la democrazia e la pace. Contributo ottenuto insieme a donne come lei, piantando oltre 20 milioni di alberi nel suo paese, il Kenya, e in molti altri paesi africani.

"Quando ero bambina vivevo in un villaggio del Kenya centrale, e non esisteva una parola per “deserto” nella mia lingua madre. La nostra terra era fertile e coperta da foreste. Ma oggi in quella regione, così come in molte parti dell’Africa e del mondo sviluppato, le risorse idriche si sono prosciugate, il suolo si è seccato ed è inadatto per le coltivazioni, e i conflitti per il controllo delle terre sono sempre più frequenti. Non dovrebbe risultare sorprendente che io abbia pensato di piantare alberi per venire incontro alle necessità di base delle donne contadine.

Attraverso questo metodo molto pratico di coltivare e piantare alberi, le donne hanno visto che c’è una reale scelta tra il proteggere e ricostruire l’ambiente e distruggerlo. Le donne hanno preso coscienza che piantare alberi o lottare per salvare le foreste dall’essere abbattute fa parte di una missione più grande di creare una società basata sulla democrazia e il rispetto della legge, dei diritti umani, e dei diritti delle donne.

Le donne assumono anche ruoli di responsabilità e di leadership, gestiscono asili, lavorano insieme agli operai forestali, pianificando e implementando progetti comunitari per garantire l’approvvigionamento idrico e la sicurezza alimentare. Tutte queste esperienze contribuiscono allo sviluppo di una maggiore fiducia in se stesse, e di una maggiore forza e controllo nella direzione da dare alla propria vita.

Gli alberi sono vivi, e noi reagiamo nei loro confronti in modi molto diversi. Molto spesso ci affezioniamo a un albero, perché ci da cibo e legna per il fuoco. È come un’amicizia. Quando pianti un albero e lo vedi crescere, qualcosa accade in te. Vuoi proteggerlo, e gli dai un grande valore. Ho visto persone cambiare davvero e guardare agli alberi in un modo molto diverso di come facevano in passato.

Credo che il Comitato per il Premio Nobel abbia riconosciuto i legami tra l’ambiente, la democrazia e la pace, e abbia cercato di portarli all’attenzione mondiale assegnandomi il Nobel per la Pace. Il Comitato, credo, vuole incoraggiare gli sforzi delle comunità per proteggere la Terra in un tempo in cui dobbiamo affrontare gravi crisi ecologiche quali la deforestazione, la scarsità di acqua e la perdita di biodiversità. Se non gestiremo in modo adeguato le risorse come le foreste, l’acqua, la terra, le risorse minerali e il petrolio, non vinceremo mai la lotta contro la povertà. E non ci sarà mai pace. Vecchi conflitti infurieranno e nuove guerre scoppieranno, a meno che non cambiamo il cammino che stiamo percorrendo.

Vorrei ricordare le parole di Ghandi: la mia vita è il mio messaggio. E aggiungere, pianta un albero!"

Redazione Piazzambiente (pd)

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