“IL GOVERNO NON APPROVI IL PROGETTO DEFINITIVO E SI EVITI IL PUNTO DI NON RITORNO DELL’AVVIO DEI CANTIERI”.
In 245 pagine di osservazioni tutti i motivi di contestazione del progetto. Ad aderire anche diversi parlamentari
Il Governo rigetti il progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina, redatto dalla Stretto di Messina SpA (Concessionaria interamente pubblica) e da Eurolink (General Contractor -GC, con a capofila Impregilo), che costa 66 milioni di euro di fondi pubblici (come previsto nel contratto tra concessionaria e GC), per degli elaborati che, a giudizio delle associazioni ambientaliste, risultano essere estremamente carenti sia dal punto di vista tecnico che dell’impatto ambientale, naturalistico, paesaggistico ed idrogeologico, ed evitando così di superare il punto di non ritorno che obbligherebbe lo Stato a versare altri 56 milioni di euro per il progetto esecutivo e a pagare penali fino a 425 milioni di euro nel caso dell’avvio anche di un solo cantiere per l’opera principale o delle opere connesse. Si eviti così di continuare a congelare ingenti risorse utili per lo sviluppo del Mezzogiorno (il costo dell’intervento è salito dall’aprile 2010 al luglio 2011 da 6,3 ad 8,5 miliardi di euro: + 34%) che potrebbero essere meglio impiegate per il risanamento del territorio e per interventi di adeguamento e ammodernamento delle infrastrutture esistenti, a cominciare dal potenziamento delle ferrovie siciliane e dal completamento dei lavori dell’A3 Salerno-Reggio Calabria e della SS106 Ionica.
Le associazioni ambientaliste FAI, Italia Nostra, Legambiente, MAN- Associazione Mediterranea per la Natura -, e WWF nel corso di una conferenza stampa che si è svolta oggi a Roma nella sala dell’ex hotel Bologna (sala del Senato della Repubblica) hanno annunciato di aver inviato nei giorni scorsi una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Monti, in cui gli si chiede di proporre quale coordinatore del CIPE – Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (in accordo con il Ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e dei Trasporti), che il Comitato consideri il progetto definitivo del ponte, a proprio insindacabile giudizio, non meritevole di approvazione (…) senza che il Contraente generale possa avanzare richieste per il riconoscimento di maggiori compensi e/o pretese, chiedendo, conseguentemente, che la Stretto di Messina SpA receda dal contratto pagando solo le spese sino a quel momento sostenute dal General Contractor (come scritto chiaramente nel combinato disposto degli articoli 11.11 e 44.4 del Contratto firmato il 27/3/2006 da SDM SpA e da Eurolink e registrato il 6/4/2006).
Gli ambientalisti ricordano che ci troviamo di fronte ad un progetto di un’opera che è stata cancellata lo scorso ottobre dal core network dei dieci corridoi delle Reti transeuropee (TEN-T) di trasporto su cui punta l’Unione Europea entro il 2030, che non è sostenibile per l’elevatissimo impatto ambientale, sociale ed economico e che è inutile per la mobilità del Paese: l’opera risulta essere straordinariamente sovradimensionata, poiché sarà utilizzata a regime in una percentuale compresa tra il 10 e il 15% della propria capacità.
Le associazioni ambientaliste, dopo aver mandato il 10 novembre scorso una diffida al Ministero dell’Ambiente sul corretto perfezionamento della Valutazione di Impatto Ambientale, rivolgono il loro appello al Presidente del Consiglio, sulla base delle valutazioni espresse in 245 pagine di osservazioni al progetto definitivo, elaborate da un gruppo di lavoro di 30 esperti e docenti universitari delle varie materie, inviate lo scorso 27 novembre, nell’ambito della verifica di ottemperanza della procedura di VIA speciale sulle infrastrutture strategiche, aperta l’8 settembre scorso.
Le associazioni si appellano al Presidente del Consiglio perché, come documentato nelle osservazioni (vedi scheda in coda), negli elaborati prodotti da SDM SpA ed Eurolink, il progetto manca di un quadro di dettaglio di opere connesse essenziali (quali la stazione di Messina, raccordi ferroviari lato-Calabria), non viene presentato il Piano Economico Finanziario, non viene prodotta un’analisi costi-benefici che giustifichi l’utilità dell’intervento, non è svolta una corretta Valutazione di impatto ambientale e non viene presentata la Valutazione di incidenza richiesta dalla Comunità Europea alla luce delle modifiche compiute, oltre che nelle opere connesse, sulla stessa struttura del ponte tra il progetto preliminare e quello definitivo, non si prendono in considerazione correttamente i vincoli paesaggistici e quelli idrogeologici. In conclusione un progetto così carente, a giudizio delle associazioni ambientaliste, non può essere considerato “definitivo” e deve pertanto essere considerato irricevibile.
Hanno dimostrato il loro interesse alle iniziative delle associazioni ambientaliste intervenendo alla presentazione di oggi: il senatore Giampiero D’Alia (UDC), il senatore Roberto Della Seta (PD), il senatore Gianpiero De Toni (IDV), il senatore Francesco Ferrante (PD), l’onorevole Francantonio Genovese (PD), l’onorevole Fabio Granata (FLI), l’onorevole Elisabetta Zamparutti (Radicali, eletta nel PD).
Per le associazioni ambientaliste sono intervenuti nell’ordine: introduzione generale di Stefano Lenzi, responsabile Ufficio relazioni istituzionali del WWF Italia; interventi di Vittorio Cogliati Dezza, presidente Legambiente nazionale; Nicola Caracciolo, vicepresidente Italia Nostra; Raniero Maggini, vicepresidente WWF Italia; Costanza Pratesi, responsabile Ufficio ambiente e paesaggio FAI.
Presentazione slides osservazioni su aspetti ambientali del progetto definitivo del ponte, Anna Giordano, coordinatrice del gruppo di lavoro delle associazioni e Responsabile Policy Natura 2000 WWF Italia; slides su aspetti economici e trasportistici del progetto definitivo del ponte a cura di Guido Signorino, professore ordinario del Dipartimento di Economia, Statistica e Sociologia dell’Università di Messina.
Roma, 20 dicembre 2011
Ufficio Stampa WWF Italia, Tel.: 06 84497 265/213; cell.: 349 1702762; email: ufficiostampa@wwf.it
Ufficio stampa Legambiente, Tel.: 06 86268353 - 79 - 99
Uffici stampa Italia Nostra, Tel. +39 3351282864; email: mariagrazia.vernuccio@gmail.com
Scheda di approfondimento
IL PONTE E LE OPERE CONNESSE: PRINCIPALI CARENZE E OMISSIONI
Le associazioni ambientaliste hanno presentato il 27 novembre scorso le proprie osservazioni in 245 pagine, elaborate da un gruppo di lavoro di 30 esperti e docenti universitari nelle varie discipline, nell’ambito della procedura di VIA sul progetto definitivo, in cui rilevano, tra l’altro che:
la procedura di VIA speciale per le infrastrutture strategiche (artt. 182 e seguenti del Codice degli appalti, Dlgs n. 163/2006), a giudizio degli ambientalisti, non è stata rispettata perché:
1. non viene considerato l’impatto dell’opera ponte che nella progettazione ha subito modifiche sostanziali sia per quanto riguarda lo sviluppo verticale (le torri sono state rialzate sino a circa 400 metri, rispetto ai 382,6 metri del progetto preliminare, ben più alti della Torre Eiffel, che con la moderna antenna televisiva raggiunge i 324 metri), sia per quanto riguarda l’orientamento lineare di un ponte sospeso ad unica campata di 3,3 km di lunghezza (spostamento del blocco di ancoraggio di 10 metri e conseguente spostamento delle fondazioni sui versanti siculo e calabro, con conseguente rotazione dei pilastri e della struttura principale), sia per quanto riguarda lo sviluppo orizzontale (modifica strutturale e dell’inclinazione dell’impalcato);
2. alcune delle opere connesse quale l’importantissima nuova stazione di Messina (spostata di localizzazione rispetto al progetto preliminare da via Santa Cecilia all’area di Gazzi), la variante stradale della città universitaria di Messina in Sicilia e la cosiddetta “fascia Bolano” di collegamento in Calabria con la prevista linea ferroviaria ad Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria sono a malapena alla fase di studio di fattibilità e non di progetto definitivo;
non è stata prodotta una Valutazione di incidenza (nel rispetto della Direttiva comunitaria Habitat e delle norme nazionali, Allegato G del DPR 357/1997 e smi) per un’opera principale che ha un impatto rilevante sulla fauna e sugli habitat (il ponte presenta sui due lati dell’impalcato circa 220 pendini – cavi verticali - che si dipartono dai 4 cavi principali - che sorreggono il ponte sospeso – della lunghezza complessiva di oltre 5 km e di un diametro di 1,24 metri ciascuno, accesi la notte con 4 diversi sistemi di illuminazione) e per opere connesse (20,3 km di strade su entrambi i versanti – 10,4 lato Sicilia e 9,9 lato Calabria - e 20,2 km di linee ferroviarie su entrambi i versanti – 17,5 lato Sicilia e 2,7 lato Calabria) che vanno ad incidere in un’area, dai Peloritani all’Aspromonte, specchio di mare dello Stretto di Messina compreso, che è interamente localizzata nelle due Zone di Protezione Speciale- ZPS della “Costa Viola” (Calabria) e dei “Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennammare e Area marina dello Stretto” (Sicilia), dove si trova l’importantissima zona umida “Laguna di Capo Peloro” e dove sono presenti anche 11 Siti di Interesse Comunitario – SIC, sottoposti al regime di particolare tutela dell’Unione Europea.
L’intera area è nota per la sua importanza su scala internazionale: costituisce, infatti, una delle rotte più importanti del Paleartico occidentale per la migrazione degli uccelli (il 64% degli uccelli presenti in Italia è stata osservata nell’area dello Stretto); corridoio studiatissimo, usato per il passaggio anche dai cetacei (ad es. capodoglio, stenella striata, balenottera comune) e da molte specie di pesci pelagici;
non vengono rispettate le misure di salvaguardia e le prescrizioni paesaggistiche (con sospetta violazione del Codice dei Beni Culturali, art. 146 e seguenti del Dlgs n. 42/2004). Si rilevano alcune “decisive omissioni” rispetto alla versione finale del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Reggio Calabria e della pianificazione paesaggistica vigente nell’Ambito 9 del messinese. Viene inoltre sottovalutato l’effetto barriera sullo Stretto di Messina derivante dai quasi 1,5 milioni di metri quadri di paratia verticale costituita dal ponte, da più di 40 km delle opere connesse (quali la nuova strada panoramica di Messina) e da cosiddette opere compensative assolutamente ingiustificate (quali il “Centro direzionale” a Villa San Giovanni in Calabria, che va a ridisegnare il lungomare della località Cannello) che si sviluppano sulle propaggini costiere dei due massicci dell’Aspromonte (lato Calabria) e dei Peloritani (lato Sicilia), a margine delle due aree densamente edificate della città di Messina e di Reggio Calabria;
non è chiaro dalla documentazione prodotta se siano state rispettate le perimetrazioni e le misure di salvaguardia di aree a rischio idrogeologico (ai sensi degli artt. 65 e 67 del Codice dell’Ambiente, Dlgs n. 152/2006) dei PAI - Piani stralcio di distretto per l’assetto idrogeologico sia in Calabria che in Sicilia;
non è stato prodotto il Piano Economico Finanziario, per stessa ammissione della SDM SpA che ha inviato una lettera l’8 novembre scorso in risposta ad una richiesta degli ambientalisti (disattendendo quanto previsto dall’Allegato XXI, dal Codice degli Appalti, Dlgs n. 163/2006, e dall’art. 4 della Legge Finanziaria 2004, legge n. 350/2003) per un’opera che costerebbe 8,5 mld, pari a mezzo punto di PIL, a fronte di una progressiva contrazione della mobilità nell’area dello Stretto di Messina, documentata dagli stessi progettisti, che negli ultimi 15 anni (1995-2010) ha avuto un tasso medio di decrescita del 2,6% l’anno (da 13,4 milioni a 9,9 milioni di unità l’anno) e di previsioni di traffico che, a regime, stimano un utilizzo del ponte che si aggirerebbe attorno all’11% della capacità complessiva (11,6 milioni di auto l’anno, a fronte di una capacità complessiva teorica dell’opera di 105 milioni di auto l’anno nelle due direzioni).
si aggiunga che la relazione trasportistica è carente e incompleta, metodologicamente questionabile, contraddittoria, non finalizzata a valutazioni costi-benefici (che il progetto definitivo non produce) e non costituisce ottemperanza alla raccomandazione n. 1 con cui il CIPE aveva approvato il progetto preliminare nell’agosto 2003. Nelle osservazioni tra l’altro si rileva che: non viene considerato il calo dei flussi di attraversamento dello Stretto; i tassi di crescita del PIL stimati per la Sicilia e la Calabria vengono incrementati di quasi il doppio per 12 anni, senza che sia prodotta una motivazione analitica di tale scelta; viene stimato un sostanziale e ingiustificato raddoppio del tasso di crescita della domanda di mobilità da/verso la Sicilia a partire già dal 2011. Inoltre si segnala che la mancanza di analisi costi-benefici e di Piano Economico-Finanziario non consente di intendere come, a fronte di un raddoppio dei costi monetari dell’opera (la gara nel 2005 fu vinta da Impregilo sulla stima di un costo di 3,9 miliardi di euro), un flusso di attraversamento identico alle precedenti stime possa garantirne la sostenibilità finanziaria.
La relazione sulla salute pubblica non contiene alcun elemento utile di conoscenza dell’impatto sanitario previsto della realizzazione dell’opera e non è adeguata per essere considerata “Valutazione di Impatto Sanitario” (VIS). Anche la descrizione della cantierizzazione (che costruirebbe un pesantissimo vincolo sul territorio con i suoi 17 cantieri operativi e i 9 siti di deposito dove saranno sistemati in via definitiva i materiali e che complessivamente vengono localizzati sui due versanti, con i relativi impatti su risorse idriche, atmosfera e consumo del suolo) è estremamente lacunosa e costituisce una vera e propria beffa per il delicatissimo assetto idrogeologico delle due aree costiere e montane dello Stretto di Messina. I 14 milioni di metri cubi di terre e materiali da scavo (9,715 milioni in Sicilia e 3,677 in Calabria) che verrebbero movimentati (quasi il doppio di quanto previsto nel progetto preliminare, che presentava una stima complessiva di 6,8 milioni di metri cubi), ben il 60,3% sul lato Sicilia (equivalenti a 5,859 milioni di metri cubi) e il 62,5% sul lato Calabria (equivalenti a 2,299 mln di metri cubi), sarebbero destinati ai cosiddetti Siti di recupero ambientale, che in realtà sono aree dove vengono collocati in via definitiva le terre e rocce da scavo, spesso localizzate a riempimento di aree di impluvio o comunque dal precario equilibrio idrogeologico come segnalato per la Sicilia nel parere reso dal Genio Civile di Messina.
Infine, le stesse descrizioni delle componenti geosismotettoniche, in una delle aree a più elevato rischio del Mediterraneo (dove nel 1908 si scatenò un terremoto di circa 7,1 magnitudo Richter che rase al suolo le città di Messina e Reggio Calabria) sono molto carenti, come dimostra il caso della “faglia scomparsa” (con piano immergente verso est, collocata subito fuori dell’abitato di Villa San Giovanni, lungo la SS18), dimostrato dagli esperti del gruppo di lavoro degli ambientalisti, non rilevata dagli estensori del progetto definitivo.
Pubblicato il 20 dicembre 2011
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